La riforma del terzo settore non deve servire a chiudere circoli e case del popolo

chiavacciL’Arci nazionale denuncia l’azione di esponenti del governo che nella Commissione  Affari Costituzionali del Senato  non permettono il miglioramento del disegno di legge sul terzo settore anzi si oppongono a ogni miglioramento. Molti i punti inaccettabili nel testo che tra l’altro assurdamente equipara l’autofinanziamento delle associazioni ad attività commerciali. 

Se qualcuno vuole fare chiudere circoli  e case del popolo lo dica chiaramente. Il Ddl sul terzo settore rappresenti un’opportunità di crescita sociale ed economica Governo e Parlamento accolgano le proposte delle organizzazioni sociali.

“Sembrerebbe che alcuni esponenti del Governo e del Parlamento abbiano deciso di cancellare l’associazionismo popolare con un tratto di penna. Se qualcuno vuole fare chiudere circoli  e case del popolo lo dica chiaramente”. E’ questo il commento della presidente nazionale dell’Arci, Francesca Chiavacci, sul dibattito che si sta tenendo nella prima Commissione del Senato, Affari Costituzionali, dove è in discussione il disegno di legge sul Terzo settore.

 

Nell’ultima seduta il relatore e il rappresentante del governo hanno dato parere negativo su ogni tentativo di migliorare il testo e salvaguardare le attività dell’associazionismo. In tal senso erano stati presentati numerosi emendamenti anche da senatori della maggioranza.

 

“Da quando sono stati presentati i dati del censimento Istat, si fa un gran parlare del Terzo settore. Studiosi e politici hanno scoperto che questo è l’unico settore dell’economia e della società che cresce, nonostante la crisi. Anzi, che aiuta e sostiene i cittadini che vivono gli effetti della crisi sulla propria pelle. Ebbene, la stragrande maggioranza del terzo settore è composto da associazioni, in prevalenza da associazioni di promozione sociale. Si tratta di migliaia di organizzazioni, molte piccole e piccolissime, presenti ovunque: nelle periferie delle grandi aree urbane, come nei piccoli paesi. Sono l’unica occasione di socialità per moltissimi cittadini, giovani e anziani, e si occupano di tutto: dal doposcuola per i bambini alle rassegne musicali, dall’accoglienza dei migranti allo sport per tutti. Per la gran parte non prendono un soldo di contributi pubblici, sono completamente non profit, le loro attività sono interamente autofinanziate dagli stessi soci, quasi tutti volontari. Da qualche parte si è deciso che tutto ciò non va più bene, l’associazionismo deve trasformarsi in impresa. Invece di sostenere questa grandissima risorsa sociale, che promuove la capacità di autorganizzazione, la partecipazione attiva e il protagonismo delle cittadine e dei cittadini,  la si vuole affossare” continua Francesca Chiavacci.

 

Il controverso e più volte rimaneggiato testo del Ddl prevede proprio questo: che l’attività di autofinanziamento debba essere trattata alla stregua dell’attività commerciale.

Per la Presidente dell’Arci “proseguire su questa strada porterebbe alla chiusura di migliaia di associazioni, circoli e case del popolo, e aumenterebbe la desertificazione sociale. E poi: non si possono obbligare dei cittadini che nel loro tempo libero vogliono fare attività sociali e culturali, nello spirito della libertà di associarsi garantita dall’art. 18 della Costituzione, a costituire un’impresa, sono cose diverse, hanno finalità diverse”

 

Ma c’è un’ulteriore novità, anche questa negativa, venuta fuori dal dibattito in commissione: un emendamento del governo scava un ulteriore fossato tra le associazioni che impiegano volontari. Invece di andare verso l’integrazione delle forme associative, si accentua ulteriormente la separazione. Prosegue Chiavacci: “Si vuole fare un volontariato di serie A ed uno di serie B, quello che opera nelle OdV e quello che opera nelle Aps. Ma un cittadino volontario che si occupa, ad esempio, di sostegno per i disabili, non dovrebbe essere meritevole di apprezzamento indipendentemente dalla forma associativa dell’organizzazione in cui opera?”

 

Se il prosieguo della discussione in parlamento non modificherà questi orientamenti il rischio è che il Terzo settore e l’associazionismo vengano duramente colpiti e ridimensionati con la conseguente perdita di posti di lavoro, di volontari, di insediamenti sociali in tante comunità.

 

L’Arci chiede al Governo e al Parlamento che accolgano, finalmente, le legittime aspettative delle organizzazioni di terzo settore e del suo organismo di rappresentanza per fare del Ddl una importante opportunità di crescita per l’economia e la società.

 

“Sembrerebbe che alcuni esponenti del Governo e del Parlamento abbiano deciso di cancellare l’associazionismo popolare con un tratto di penna. Se qualcuno vuole fare chiudere circoli  e case del popolo lo dica chiaramente”. E’ questo il commento della presidente nazionale dell’Arci, Francesca Chiavacci, sul dibattito che si sta tenendo nella prima Commissione del Senato, Affari Costituzionali, dove è in discussione il disegno di legge sul Terzo settore.

Nell’ultima seduta il relatore e il rappresentante del governo hanno dato parere negativo su ogni tentativo di migliorare il testo e salvaguardare le attività dell’associazionismo. In tal senso erano stati presentati numerosi emendamenti anche da senatori della maggioranza.

“Da quando sono stati presentati i dati del censimento Istat, si fa un gran parlare del Terzo settore. Studiosi e politici hanno scoperto che questo è l’unico settore dell’economia e della società che cresce, nonostante la crisi. Anzi, che aiuta e sostiene i cittadini che vivono gli effetti della crisi sulla propria pelle. Ebbene, la stragrande maggioranza del terzo settore è composto da associazioni, in prevalenza da associazioni di promozione sociale. Si tratta di migliaia di organizzazioni, molte piccole e piccolissime, presenti ovunque: nelle periferie delle grandi aree urbane, come nei piccoli paesi. Sono l’unica occasione di socialità per moltissimi cittadini, giovani e anziani, e si occupano di tutto: dal doposcuola per i bambini alle rassegne musicali, dall’accoglienza dei migranti allo sport per tutti. Per la gran parte non prendono un soldo di contributi pubblici, sono completamente non profit, le loro attività sono interamente autofinanziate dagli stessi soci, quasi tutti volontari. Da qualche parte si è deciso che tutto ciò non va più bene, l’associazionismo deve trasformarsi in impresa. Invece di sostenere questa grandissima risorsa sociale, che promuove la capacità di autorganizzazione, la partecipazione attiva e il protagonismo delle cittadine e dei cittadini,  la si vuole affossare” continua Francesca Chiavacci.

Il controverso e più volte rimaneggiato testo del Ddl prevede proprio questo: che l’attività di autofinanziamento debba essere trattata alla stregua dell’attività commerciale.

Per la Presidente dell’Arci “proseguire su questa strada porterebbe alla chiusura di migliaia di associazioni, circoli e case del popolo, e aumenterebbe la desertificazione sociale. E poi: non si possono obbligare dei cittadini che nel loro tempo libero vogliono fare attività sociali e culturali, nello spirito della libertà di associarsi garantita dall’art. 18 della Costituzione, a costituire un’impresa, sono cose diverse, hanno finalità diverse”

Ma c’è un’ulteriore novità, anche questa negativa, venuta fuori dal dibattito in commissione: un emendamento del governo scava un ulteriore fossato tra le associazioni che impiegano volontari. Invece di andare verso l’integrazione delle forme associative, si accentua ulteriormente la separazione. Prosegue Chiavacci: “Si vuole fare un volontariato di serie A ed uno di serie B, quello che opera nelle OdV e quello che opera nelle Aps. Ma un cittadino volontario che si occupa, ad esempio, di sostegno per i disabili, non dovrebbe essere meritevole di apprezzamento indipendentemente dalla forma associativa dell’organizzazione in cui opera?”

Se il prosieguo della discussione in parlamento non modificherà questi orientamenti il rischio è che il Terzo settore e l’associazionismo vengano duramente colpiti e ridimensionati con la conseguente perdita di posti di lavoro, di volontari, di insediamenti sociali in tante comunità.

L’Arci chiede al Governo e al Parlamento che accolgano, finalmente, le legittime aspettative delle organizzazioni di terzo settore e del suo organismo di rappresentanza per fare del Ddl una importante opportunità di crescita per l’economia e la società. [Arci nazionale]

 

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