Francesca Chiavacci/ Per il vero cambiamento

eventoL’editoriale di Arci report di Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci. La campagna elettorale per il referendum confermativo del progetto di revisione costituzionale è ormai giunta al termine. E’ stata, purtroppo, una campagna elettorale che si è svolta in un brutto clima. Troppo spesso al centro della discussione non c’è stato l’oggetto vero del quesito, che riguarda numerose e, a nostro parere, sbagliate, modifiche dell’impianto di bilanciamento e limitazione dei poteri presente attualmente nel nostro assetto istituzionale. Ora il 4 dicembre è davvero prossimo e, per quanto ci riguarda, invitiamo ad andare a votare non sul Governo o sul Presidente del Consiglio, ma per esprimersi sulla validità o meno di una corposa proposta di riforma della nostra Costituzione, sulla quale, in caso di approvazione, sarà difficile operare eventuali ‘aggiustamenti’.

Questa proposta interviene in modo molto deciso sulla seconda parte della nostra Carta fondamentale (parliamo di un pacchetto di modifiche composto da ben 47 articoli) ma rimanda a leggi e regolamenti successivi l’attuazione di molti dei principi che tale riforma contiene; nella sostanza conferisce alla figura del Presidente del Consiglio un ruolo eccessivo (rafforzato dal meccanismo previsto dal cosiddetto Italicum, unico scenario di legge elettorale a oggi certo) sull’attività e autonomia del Parlamento; concretizza una tensione neo accentratrice verso lo Stato rispetto alle Regioni; non supera il bicameralismo perfetto, ma prevede un Senato depotenziato, che tuttavia sarà sempre necessario per alcuni procedimenti legislativi importanti, in un meccanismo complicato e per certi versi addirittura inapplicabile.

È a cominciare da tutto questo che ci siamo schierati per il No.

Le parole che abbiamo più sentito sono state: velocità, semplificazione, costi della politica, governabilità. Avremmo voluto sentirne di più altre, come partecipazione, rappresentatività, recupero di fiducia nelle istituzioni, ricostruzione di un’etica condivisa. Avremmo voluto vedere una maggiore ricerca della consensualità, anziché l’agitare spettri divisivi e terrifici.

Sono questi i concetti a noi cari, che sappiamo essere in profonda crisi da diversi anni, e che, nonostante tutto, possono e devono trovare soluzione e sviluppo attraverso una riforma vera della politica: non attraverso il cambio delle regole costituzionali e un ritocco raffazzonato dell’equilibrio dei poteri.

Per noi è questo il vero cambiamento.

In queste settimane, l’Arci ha organizzato decine e decine di iniziative di confronto e di riflessione nei circoli e nelle basi associative. Siamo orgogliosi di aver svolto, anche in questa occasione, il nostro ruolo di spazio di dibattito pubblico. Siamo orgogliosi di aver contribuito con serietà e stando sul merito a informare, costruire conoscenza, mantenendo le distanze dai ragionamenti di una politica dal breve respiro.

In ogni occasione abbiamo provato a contribuire a far sì che questo voto così importante potesse avvenire in maniera libera e consapevole.

Quello che ci sentiamo di dire anche ai tanti che sappiamo essere tentati di votare sì (anche nella nostra associazione) nel timore di una possibile deriva populista è che non c’è da avere paura di qualcosa, che peraltro nella politica italiana già esiste e trova ampio spazio.Bisogna far ripartire, proprio da questa lunga discussione sulle regole, quella importante e necessaria su come sia possibile ricostruire ponti tra società civile e politica. Come dare voce ai tanti bisogni delle cittadine e dei cittadini; come ritornare a far pensare e riflettere la politica sul fatto che è la questione sociale, oggi, la vera questione democratica che deve essere affrontata affinché la politica stessa ritrovi credibilità.

Questo ragionamento lo rivolgiamo anche a quellei/i tra nostre socie e soci e dirigenti territoriali che si sono schierati per il Sì. Il giorno dopo la tornata referendaria il nostro impegno collettivo, sia di chi vota No sia di chi vota Sì, contro le disuguaglianze, il populismo, il distacco dei cittadini della politica non si dovrà fermare e non si fermerà.

L’Arci è una grande associazione popolare, progressista e plurale. E non sarà un referendum a impedirci di continuare a lavorare insieme.

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