Salvo Lipari/ Corruzione e mafie. L’antidoto sociale e il ruolo dell’Arci

Abbiamo scelto che tra i temi da affrontare in occasione del sessantesimo dell’Arci ci fosse la lotta alle mafie e alla corruzione. Abbiamo scelto di farlo a Milano per rendere evidente che questi temi non sono più solo una ‘questione meridionale’ ma nazionale e internazionale. Abbiamo scelto di farlo in un periodo in cui anche una certa antimafia ha dato spesso l’impressione di non rispettare la propria mission e in cui soggetti istituzionali con il compito di gestire i beni sequestrati alle mafie sono stati indagati per fenomeni corruttivi.

Abbiamo scelto di farlo anche per raccontare le esperienze che portiamo avanti nei territori, spesso tra mille difficoltà.

Abbiamo scelto di farlo in un momento in cui, in assenza di delitti ‘eccellenti’, le Mafie sono meno percepite dall’opinione pubblica e per questo più pervasive nel tessuto sociale ed economico.

Serve comprendere a che punto siamo nella lotta alle mafie per capire meglio la fase e per strutturare il nostro ruolo futuro di ‘antidoto sociale’ a questi fenomeni.

La crisi economica dalla quale il nostro Paese non è ancora uscito ha esasperato la marginalizzazione sociale.

Il degrado delle periferie ha consentito alle mafie di avere un bacino sempre più ampio di manovalanza a cui attingere. Troppo spesso a combattere degrado e isolamento sono soltanto le realtà associative e di volontariato e la presenza delle istituzioni appare insufficiente. In una realtà in cui è difficile persino sopravvivere, affermare modelli di legalità sembra quasi impossibile.

Inoltre, è cresciuta la permeabilità del mondo imprenditoriale ai capitali derivanti dai traffici illeciti così come sono cresciuti gli investimenti diretti delle mafie in settori economici non soltanto tradizionali. Quando la Dia disegna lo scenario di organizzazioni criminali che assumono «la morfologia caratteristica dei gruppi societari internazionali» ci dice che stiamo parlando di un contesto che necessita di nuove strategie di contrasto e di cooperazione internazionale per colpire gli interessi criminali.

Quello dell’Arci è un osservatorio importante e diretto. L’impegno nei piccoli paesi, così come nelle grandi città, ci ha portato ad avere una visione complessiva.

Il nostro ruolo di ‘antidoto sociale’ è cresciuto, si è basato su una visione di lungo periodo, con obiettivi che servissero a tutelare bisogni e diritti e a costruire uno scenario futuro differente. Farlo in un’epoca in cui buona parte della politica guarda solo all’imminente è difficilissimo. In questi anni abbiamo provato, spesso con altre realtà associative, a fare memoria e a educare alla legalità.

Nel 1994 abbiamo iniziato la carovana antimafia in Sicilia per sensibilizzare i territori su questi temi. Negli anni è diventata  prima un’esperienza nazionale e poi internazionale. Anche i nostri campi della legalità sui beni confiscati alla mafia con ragazze e ragazzi da tutta Italia sono nati in Sicilia e man mano sono stati sperimentati in altre regioni, coinvolgendo migliaia di giovani. Ma perchè le tante e diverse esperienze diventino rete  e possano crescere ancora occorre l’impegno della politica. L’antidoto sociale è tanto più potente quanto più ha alle spalle una copertura istituzionale forte e determinata.

Il tema della lotta alla mafia e alla corruzione è talmente complesso che occorre una sinergia fortissima. Ogni pezzo deve fare la sua parte. L’associazionismo, le istituzioni, i soggetti politici. La scommessa può essere vinta ma devono cambiare prospettiva, strategia e azione.

La nostra scommessa è partita sessant’anni fa e non si è mai fermata. Siamo più che determinati ad andare avanti e lo sono soprattutto le migliaia di donne e uomini, ragazze e ragazzi che fanno la forza della nostra e delle altre associazioni che condividono la battaglia per costruire un Paese libero dalle mafie e dalla corruzione.

[Salvo Lipari, coordinatore nazionale Arci Lotta alle mafie e alla corruzione; daArciReport numero 28, 21 settembre 2017]

Arcireport numero 28_2017
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