L’antifascismo in marcia. Ma il tema è la qualità della democrazia

L’articolo di Andrea La Malfa, referente Arci per la Presidenza sulla Memoria, pubblicato sul sito web di Arci Milano venerdì 27 ottobre.

Per capire meglio il fenomeno dei gruppi fascisti è di una certa utilità controllare la comunicazione che adottano, soprattutto sui social network. È un esercizio che ogni tanto compio. Dopo alcuni scroll risulta chiaro che dietro alla comunicazione di questi gruppi c’è un pensiero e un modello organizzativo preciso. Scorrendo la pagina di un gruppo locale di Casapound ho notato alcuni dettagli, ve ne riporto tre. Il primo, la promozione con un hashtag #CPècultura di convegni sulla I guerra mondiale, il cui centenario cadrà l’anno prossimo: l’uso della memoria di questi fatti storici come creazione di una mitologia, la riproposizione dell’irredentismo, Fiume e D’Annunzio, gli Italiani che sparavano sugli stranieri perché non superassero il Piave. Il sottointeso è la “vera” Italia, quella che se vedeva stranieri che tentavano di superare i confini gli sparava.  Il secondo è la sede di questo gruppo, un luogo di ritrovo con bar, simile ad alcuni nostri circoli. Terzo dettaglio le due ong, per quanto piccole, che si occuperebbero di Birmania e a cui puoi devolvere il 5×1000. Insomma il modello organizzativo dei ‘fascisti del  terzo millennio’ è novecentesco, nel tentativo di legare il partito all’associazionismo, ai luoghi di ritrovo, alla solidarietà. Questo è stato per anni il metodo di radicamento sociale della Sinistra. Un saper fare che negli anni abbiamo un po’ perso.

In questo tentativo di radicamento sociale dei fascisti, le manifestazioni  come quella del 28 ottobre indetta da Forza Nuova diventano la parte più evidente di una questione più ampia. Il vero obiettivo è il radicamento nei luoghi collettivi. Avrete letto l’episodio del gruppo ultras della Lazio che, come offesa verso i romanisti, ha lasciato all’Olimpico adesivi con Anna Frank con la maglia giallorossa. Da qua il maldestro tentativo di riparazione del presidente della squadra che ha deposto una corona di fiori in memoria delle vittime della Shoah. Subito dopo all’aeroporto è stato registrato mentre sosteneva «famo ‘sta sceneggiata» verso gente che «non valgono un c….». Il giorno dopo la corona di fiori è stata rinvenuta nel Tevere. Anche in questo episodio quello che deve far riflettere è l’infiltrazione di gruppi fascisti nella curve calcistiche, un fenomeno che si è diffuso negli anni. Per questo motivo organizzare manifestazioni politiche di contrasto alle provocazioni, come la tentata marcia del 28 ottobre, è importante ma non sufficiente. Avremo infatti bisogno di una risposta di più ampio respiro, in primo luogo istituzionale e culturale. La radice del problema è sempre più la qualità della nostra democrazia, i meccanismi che la regolano e la capacità delle forze democratiche di organizzare il consenso. Perché è su queste mancanze che i gruppi fascisti tentano di costruire il proprio consenso, di creare domande di sicurezza a cui rispondere con una caricaturale fermezza.

Essere antifascista significa oggi impegnarsi per la costruzione di una democrazia più forte, per la ricostruzione di spazi comunitari sani e inclusivi: significa  togliere l’acqua, cioè il contesto, in cui un pesce chiamato intolleranza nuota e cerca di crescere. Rafforzare la democrazia, migliorandone la qualità, è il tema su cui dobbiamo interrogarci se vogliamo dare una risposta più completa a questo fenomeno.

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