Congresso 2018/ Documento politico di Arci Lombardia

Premessa. Un congresso è il momento che fissa in maniera definitiva il percorso del mandato precedente e che definisce prospettive e obiettivi del prossimo quadriennio.
In questi quattro anni di lavoro il gruppo dirigente dell’Arci Lombardia ha dovuto affrontare oltre alla quotidianità situazioni molto complesse.


Le situazioni molto complesse si sono manifestate da subito con la fase della Reggenza di Arci Nazionale che ci ha visti coinvolti dal mese di marzo fino luglio 2014. E subito dopo sono arrivate le situazioni di crisi del comitato di Sondrio e quella gravissima del comitato di Milano che, in forme naturalmente diverse, hanno visto una nostra presenza continuativa sia in risorse umane che economiche. Situazioni ad oggi ancora critiche e che per alcune realtà si protrarranno per diversi anni a cui si aggiunge una situazione generale dei comitati preoccupante sia per quanto riguarda le difficoltà economiche che nel rafforzare il gruppo dirigente.
E che sia stato un quadriennio straordinario lo dimostrano anche il nostro lavoro in Fondazione Triulza e dunque in Expo 2015, come in Expo dei Popoli e tutto l’impegno che ci ha portato (e che ci porterà negli anni a venire) seguire la Riforma del Terzo Settore. Non possiamo inoltre dimenticare il nostro ruolo e il nostro impegno sul Referendum Costituzionale. Non tanto per la nostra posizione o perché essa sia poi risultata vincente, ma per il contributo culturale dato al dibattito sull’ipotesi di riforma costituzionale.
Non possiamo dunque costruire una progettazione del fare se non abbiamo consapevolezza di come stiamo e dove siamo. Oltre alle criticità nostre interne ci ritroviamo ancora in una situazione dove la crisi sociale, culturale ed economica non sembra mollare la sua presa, una fase dove le forze di sinistra e di progresso non riescono a trovare ne giuste letture ne giuste risposte. In questo vuoto si manifestano sempre più le anime del neofascismo ormai sdoganate da una parte della politica che pensa di utilizzarle per i propri obiettivi. E proprio in Lombardia il neofascismo agisce con maggior forza attaccando i presidi di civiltà e democrazia come è accaduto recentemente alla rete di associazioni “Como Senza Frontiere” e ai comitati e circoli Arci di Bergamo, Milano, Pavia, Varese, Cremona, Mantova.
Per reagire a questo “imbarbarimento culturale e sociale”, dobbiamo recuperare e rivitalizzare i nostri valori: il mutualismo, la solidarietà, la lotta alla diseguaglianza sociale, la difesa e lo sviluppo di una istruzione pubblica di qualità, l’accessibilità ai servizi per le famiglie, la piena fruibilità della cultura, il rifiuto della xenofobia e di ogni forma di discriminazione, la pace, l’Europa ecc.
In un momento in cui la partecipazione alla vita politica e la fiducia in chi agisce la politica è ai suoi minimi noi dobbiamo proporci alla società con i valori dell’associazionismo contro l’attuale deserto sociale, culturale e democratico. E dobbiamo mettere questi valori e il nostro agire sempre di più a disposizione dei nostri soci e verso la cittadinanza tutta perché siano protagonisti dei cambiamenti epocali che sta attraversando la nostra società.
Ma non possiamo farlo da soli, dobbiamo ricostruire le reti comunicanti tra i circoli e tra i comitati, allargare le alleanze con i soggetti del Terzo Settore che condividono i nostri valori, incalzare il sindacato e la politica sui nostri temi.
1.Come reagire di fronte alla crisi della democrazia rappresentativa e delle organizzazioni sociali
Tutta la nostra fase congressuale, dalle assemblee dei circoli passando per i congressi territoriali e regionale arrivando a quello nazionale, si svolgerà all’interno di un momento politicamente determinante quale le elezioni amministrative della nostra Regione e le Elezioni Politiche.
Questo ci permette, e ci mette in dovere , di trasmettere ad una platea più ampia le nostre riflessioni frutto di un lavoro continuo nella società,attraversata dalla crisi della democrazia rappresentativa, dalle dinamiche sociali di solitudine e logorata dalla crisi economica e dalle diseguaglianze sociali. E di fronte al disorientamento o alla demotivazione che porta all’afasia della maggioranza della popolazione le risposte che vengono fornite sono solo dei palliativi che tendono ad alleviare il dolore ma non a curare le malattie. E le risposte più semplici sono il leaderismo e l’individualismo piuttosto che l’impegno collettivo, il populismo rispetto a progettualità che guardino oltre il quotidiano.
Serve un impegno quotidiano, a partire dalle nostre basi associative, che porti il cittadino a tornare non tanto a fidarsi della politica o a dedicarsi all’impegno sociale, ma a riappropiarsi con piena titolarità di essere “la politica e l’impegno sociale”. Solo con una presa in carico collettiva, attuata con strumenti quali quello dell’associazionismo, possiamo costruire un argine che non permetta alle classi dirigenti di essere autoreferenziali e di autorigenerarsi senza confronto, di avere leggi che operino per ridurre le diseguaglianze e ripristinare i diritti oltre che riconoscere i doveri.
Si deve avere il coraggio di porsi come cittadini che vogliono governare non solo il presente ma soprattutto il futuro costruendo visioni , sapendo che viviamo in una società in cui i cambiamenti sono molto più rapidi di quelli di un tempo e i cui confini e i paradigmi culturali sono sempre più liquidi . Dobbiamo ripartire da un quadro complesso in cui le forme di mutualismo e solidarismo sono risposte solo per una minima parte della società, in cui il volontariato, l’associazionismo, sta diventando un lusso solo per le classi più ricche o per le persone che hanno raggiunto la pensione. (il rapporto Istat 2017 sullo “Stato del Paese”). E Il nostro compito è cercare di ribaltare questo paradigma.
Per cercare di ribaltarlo dobbiamo tornare a riscoprire e curare le nostre radici, il nostro progetto valoriale collettivo attraverso i nostri 435 circoli.
1.Perché essere soci Arci oggi, quali valori e quale spirito di appartenenza, quale possibile contributo alla crisi della partecipazione
L’Arci è oggi un contenitore multiplo a cui le persone si avvicinano, ieri come oggi, per soddisfare un proprio bisogno culturale e sociale. Rispetto ad ieri è più complesso nel quotidiano trasformare questo bisogno personale in un momento di risposta collettiva. Prima di porre dunque alle forme partito domande sul perché non riescano a coinvolgere -come un tempo- i cittadini e a proporre soluzioni dobbiamo essere noi stessi ad interrogarci su questa situazione e a provare ad individuare soluzioni, avendo la contezza che non tutte quelle pensate lo saranno. Non ci saranno fallimenti, ma tentativi che non hanno funzionato (come ricorda Edison) e che però ci potranno portare poi a trovare la giusta strada.
Partiamo dall’evidenza : le nostre azioni non sono oggi riferimento per un ampia fetta dei nostri associati, nuovi o storici che siano. Il nostro obiettivo prioritario deve essere quello di far si che i nostri circoli diventino luoghi di costruzione di coesione sociale, di trasmissione dei nostri valori e di affermazione diffusa di modelli di mutualità esoldidarietà . Dobbiamo fare in modo che i nostri dirigenti territoriali abbiano la forza, gli strumenti e il sostegno per parlare con i “soci non consapevoli” e per far tornare i
circoli ad essere un centro della vita sociale della comunità o a meglio interpretare il proprio ruolo attivo nella società diventando modello per altre basi associative.. In fondo, se ci pensiamo attentamente, il tornare a fare il lavoro di promozione della partecipazione e di educazione popolare , lo dice il non scritto della Riforma: in sostanza l’arretramento del Pubblico da una parte, dall’altra l’incremento dei bisogni, dovrà essere coperto da realtà altre. Ma noi non possiamo permettere alla Riforma di farci diventare solo luogo di supplenza passiva, dovremo noi piegare la Riforma ad essere strumento che crea il protagonismo attivo dei cittadini che credono nel mutualismo e nella solidarietà come valori principali per rispondere ai bisogni sociali e culturali degli stessi cittadini. Dovremo tentare di essere tra coloro che garantiranno la tenuta delle comunità con azioni di prossimità in cui è il cittadino, e nostro socio,ad essere protagonista. Dobbiamo rendere evidente con efficacia come il nostro mondo sia quello che riscuote più fiducia tra il cittadino tra i corpi intermedi e che vede l’attivisimo di un 10% della popolazione.
Se torniamo ad ascoltare la base sapremo meglio dunque capire i bisogni e produrre quelle risposte contaminanti sul tema della cultura, della sostenibilità ambientale, del sociale, della promozione dei diritti e de beni comuni che potrebbero sviluppare la partecipazione attiva.
1.Le basi associative, i nostri circoli.
Abbiamo più volte richiamato i nostri circoli come luogo di base da cui partire per innervare le nostre politiche. Ma cosa sono le nostre basi associative? Quali forza e quali criticità vivono? Una analisi l’abbiamo svolta, e la si trova allegata a questo lavoro, ed è il seguito di un lavoro già compiuto in vista dello scorso congresso.
Partendo dalle criticità non possiamo non prendere atto di come la crisi economica e valoriale abbia nel complesso iniziato a minare la propensione all’impegno volontario. Una erosione lenta ma continua che è evidente anche in Arci dalla difficoltà nel garantire il normale ricambio dei gruppi dirigenti, alla riduzione delle attività innovative proposte dai circoli. Aggiungiamoci, poi, la crescita abnorme della responsabilità a cui i gruppi dirigenti sono sottoposti e il relativo incremento dei costi, la problematica di avere una sede adeguata, la scarsa patrimonializzazione , l’impatto importante della crisi economica che si legge nella riduzione di circoli edi tesserati , la difficoltà (e la paura) dell’accesso al credito, l’interpretazione da parte degli organi di norme non sempre ben chiare (e temiamo che nemmeno la Riforma riuscirà a superare questo nodo). Tutto cio crea insicurezza e paure e affatica chi vuole prendersi cura del bene comune.
In questi anni abbiamo continuato a sviluppare la formazione del nostro gruppo dirigente per sostenere e tutelare le nostre basi, e la programmazione di questo lavoro rimane sempre centrale nella nostra azione e lo sarà anche nel prossimo futuro visto l’impatto che avrà sulla nostra vita la Riforma del Terzo settore.
In accompagnamento a questo grande lavoro dovremo rilanciare il rapporto con le istituzioni che nel tempo è divenuto più tenue. L’associazionismo non può essere visto dalle istituzioni solo come strumento da agire per rispondere a dei bisogni, ma deve essere coinvolto anche nella fase di individuazione, programmazione e progettazione. Questo comporta la costruzione di un ulteriore percorso di sostegno e qualificazione politica dei nostri gruppi dirigenti ed anche a ripensare il nostro ruolo e il ruolo complessivo dei Forum del Terzo settore regionale e locali. Tutto questo se vogliamo essere soggetti attivi nel gestire le pesanti trasformazioni sociali in atto.
1.Lo sviluppo nella visione dell’Arci
L’Arci ha dimostrato nel suo percorso come sia anche realtà di sviluppo e luogo di lavoro. La sfida odierna è continuare ad essere realtà di sviluppo e innovazione sostenibile e luogo che crea buona occupazione. Analizzando infatti le diverse decine di nuove associazioni che ogni anno nascono e/o decidono di aderire all’Arci scopriamo che ognuna di esse è portatrice di passioni spesso innovative che possono diventare anche opportunità professionale per molte cittadine e cittadini su temi quali la cultura, la ricreazione, il turismo, la comunicazione e la green economy.
Da un lato dobbiamo continuare ad essere luogo che offre opportunità di sperimentazione alle nuove generazioni, dall’altro dobbiamo coinvolgerle nel governo collettivo. Come? Aumentando la nostra capacità di ascolto, cogliere le loro idee e trasformarle in proposte concrete su temi quali l’accesso allo studio, la mobilità giovanile, l’offerta culturale, la laicità, lo svago, le politiche abitative, l’integrazione, moltiplicando i punti di accesso alla fruizione culturale specie dei Beni Comuni, proponendo trasformazioni della gestione di beni culturali, generando connessioni dei quartieri e nei paesi.
Questo agire ci permette di trasformare le idee anche individuali in una forma collettiva che produce sviluppo civile e sociale, che rafforza la coesione perché si mette in campo un numero importante di presidi civili quali i circoli Arci che possono connetterne altri costituendo reti sociali territoriali.
Come già sottolineato per stare nei cambiamenti sociali da protagonisti occorre puntare alla formazione permanente dei gruppi dirigenti, attuali e che verranno, sulla base degli obiettivi che Arci si dà e si darà. Andrà per forza perseguita l’azione di individuare e sviluppare una nuova classe dirigente che affianchi l’attuale e che mostri nuove visioni.
1.Come e cosa comunicare
Oggi la comunicazione purtroppo opera prevalentemente sulla percezione, più che sulla realtà. Si privilegia la comunicazione “twitter” rispetto all’aprofondimento. Questo sta determinando un deserto della vera conoscenza che sta comportando gravi ricadute nella società.
Arci purtroppo non ha risorse economiche tali che le permettano di contrastare un tale modello alla pari e dunque deve trovare delle chiavi di azione sviluppando quella che, potrebbe essere una forza comunque importante, se dispiegata nella sua interezza: gli oltre 160.000 soci, i quasi 450 circoli, i comitati territoriali. Per poterlo fare serve che il gruppo dirigente abbia ben chiaro che questa è una forza e se si raggiunge questa consapevolezza si deve sapere che solo agendo collettivamente si può renderla efficace.
Per far questo vanno mappati innanzitutto i bisogni e le competenze esistenti poi si deve avere conoscenza degli strumenti a disposizione o da produrre (campagne, notizie, comunicati e dichiarazioni ecc.). Ben sappiamo come la comunicazione sia sempre più centrale e che non può essere improvvisata bensì gestita con professionalità, ma non può nemmeno essere demandata a soggetti altri in quanto è un tema “politico” associativo. Come dobbiamo fare poi i conti con le esigue disponibilità economiche. Per questo motivo costruire anche in questo campo azione collettiva ci può permettere di affrontare sia il tema economico che quello professionale e poter agire il nostro potenziale. Inoltre dobbiamo anche aver la consapevolezza delle diverse velocità attuali della nostra associazione e non possiamo pensare che esista una unico strumento, bensì dobbiamo avere la saggezza di mantenere i sistemi tradizionali di comunicazione con quelli più innovativi. [Arci Lombardia]

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