Ciao Lidia. Ciao Bella ciao

La nostra carissima amica Lidia Brisca Menapace ha lasciato questa terra in solitudine, ma accompagnata dai nostri pensieri affettuosi e riconoscenti e dagli abbracci che avremmo voluto darle in queste ultime ore.

Lidia è stata pacifista della scuola di Rosa Luxemburg, femminista, attivista politica, saggista, scrittrice, teorica capace di sintesi importanti espresse con chiarezza, all’interno di un dialogo con lettori e lettrici, da persona curiosa, positiva e propositiva. Chi ha avuto la fortuna di averla come Maestra di pensiero e di pratiche, sa che dobbiamo a lei alcune grandi intuizioni e originali letture della realtà, corredate da proposte politiche sempre al passo con i tempi. Personalmente le sono molto grata oltre che per il suo impegno politico, fuori e dentro le istituzioni, appassionato e costante, per aver coniato il motto “Fuori la guerra dalla storia” (che noi della rete internazionale delle Donne in nero continuiamo a usare nelle nostre manifestazioni antimilitariste), per avermi fatto comprendere e amare Rosa Luxemburg, per avermi insegnato l’importanza della “scienza della vita quotidiana” delle donne, per le molte cose che ho imparato dai suoi scritti, dai suoi racconti, dalle chiacchierate, serie e insieme lievi, nelle belle serate passate intorno al tavolo di casa a Como, con un buon bicchiere di vino. A Lidia piacevano molto le chiacchierate distese. Lo ha scritto nel suo libro “A furor di popolo” (2012), «Chiudere un libro è sempre così difficile, tornano le idee e la voglia di continuare a riflettere». […] Vorrei «che questo momento fosse uno scambio di idee su cui poter ritornare. Una chiacchierata tra amici».

Sarà doloroso e insieme bello ricordarla con tante chiacchierate tra amici, purtroppo fisicamente distanti, magari guardando in contemporanea Non si può vivere senza una giacchetta lilla, biografia di Lidia Menapace diretta da Chiara Orempuller, Novella Benedetti, Valentina Lovato, un film-intervista intitolato con una frase scritta a un’amica dalla carcerata Rosa Luxemburg, che Lidia ripeteva spesso, perché, tra i tanti altri tratti che la legavano a Rosa, Lidia anche nei momenti difficili e nelle lotte più radicali aveva uno stile elegante e femminile, oltre che femminista.

Lidia ha lasciato questa terra, ma non ha lasciato noi, non solo perché è stata protagonista della vita civile e politica italiana, a partire dalla Resistenza fino ad oggi, ma perché c’è stata sempre nell’attivismo di molte delle donne e degli uomini con cui faccio politica, nell’Arci, ma non solo. Ci lascia un patrimonio di cultura e di pratiche, una ricchissima eredità per le generazioni più giovani, fino alle ragazze e ai ragazzi di oggi ai quali ha dedicato molto tempo dei suoi ultimi fecondi anni, convinta che dall’incontro di generazioni nascessero idee e pratiche per il presente e per il futuro. Ci restano i tanti libri che ha scritto, in stile narrativo e pacato (Lidia lo definiva «congenito»), emozionante, appassionante, con un lessico esplicito, quotidiano, a tratti perfino spruzzato di humor in grado di arrivare alle menti e ai cuori – Il futurismo. Ideologia e linguaggio (1968), L’ermetismo. Ideologia e linguaggio (1968), Per un movimento politico di liberazione della donna (1973), La Democrazia Cristiana (1974), Economia politica della differenza sessuale (1987), Né indifesa né in divisa: pacifismo, sicurezza, ambiente, non violenza, forze armate: una discussione fra donne (1988), Il papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno? (2000), Resisté (2001), Nonviolenza (2004), Lettere dal Palazzo, a cura di Monica Lanfranco e Luciano Martocchia (2007), che contiene riflessioni dal Parlamento da quando Lidia Menapace era stata eletta, Un anno al senato. Lucido diario di fine legislatura, a cura di Luciano Martocchia (2008), A furor di popolo (2012)Io, partigiana: la mia resistenza, 2014, Canta il merlo sul frumento: il romanzo della mia vita, 2015.

Ci restano le tante interviste rilasciate e i tanti articoli scritti da lei su giornali, e riviste(tra cui il manifesto, quotidiano che ha contribuito a fondare, Liberazione, Marea, Il paese delle donne, …), negli atti di tanti convegni a cui ha partecipato, in volumi di autrici e autori vari.

Ci restano i film su di lei come Ci dichiariamo nipoti politici (Monica Lanfranco e Pietro Orsatti, regia e montaggio Pietro Orsatti, riprese di Sonia Lattanzi, Anteo Lenzi Lanfranco, Maura Pazzi, Pietro Orsatti, Prodotto da Marea e Senza Media con la collaborazione di Arcoiris.tv), una video intervista che è anche un “manifesto” politico, un racconto che attraversa oltre sessanta anni di storia politica e sociale dell’Italia, un modo per «arrivare alle giovani generazioni e raccontare la parte migliore delle lotte per i diritti, l’autodeterminazione delle donne e la laicità di questo paese». Il già citato Non si può vivere senza una giacchetta lilla, e la sua partecipazionea Lunàdigas, ovvero delle donne senza figli, un docufilm, ideato e diretto da Nicoletta Nesler e Marilisa Piga, uscito nelle sale cinematografiche italiane nel 2016.

E soprattutto ci restano i suoi preziosi insegnamenti. Ne ricordo due fra tutti: quello di mantenere la capacità di indignarsi per il tradimento della Costituzione, nata dalla Resistenza, nella storia reale d’Italia. Tanto che ormai la “costituzione materiale” del nostro paese contempla la guerra («Quanto all’art 11, quello per il quale “l’Italia ripudia la guerra”, vero residuo di altri tempi, di 70 anni fa, può essere prontamente rottamato»), e quello sul linguaggio. Lidia è stata sempre molto attenta all’uso di un linguaggio non sessista e privo di metafore belliche. Perché Lidia è stata una partigiana pacifista. In Io partigiana. La mia Resistenza [Manni 2014, pagg 160, 13 euro] – un libro di insegnamento e di condivisione di valori con giovani donne e uomini – ci fa capire come possano esistere partigiani e partigiane pacifisti: dalla sua scelta di giovanissima staffetta di non trasportare armi al rifiuto dell’odio (affermato anche dal padre di Lidia, appena tornato a fine guerra da un lager nazista); dal riconoscimento e rispetto delle altre e degli altri, come noi capaci di sofferenza e di paura all’orrore per chi uccide e gode di uccidere, nel nome di un “eroismo guerriero” e di un machismo menefreghista che arriva a deridere le vittime.

Lidia Menapace ci ha insegnato che «La Resistenza non fu un fenomeno militare, come erroneamente si crede. Fu un movimento politico, democratico e civile straordinario. Una presa di coscienza politica che riguardò anche le donne». Il suo instancabile attivismo nell’Anpi e il suo continuare a parlare di Resistenza e del valore politico della Resistenza – che ha posto le fondamenta teoriche e pratiche di una società solidale e partecipata – Lidia li considerava assai importante oggi. «Adesso la Resistenza non c’è nemmeno più bisogno di cancellarla, la si può semplicemente mettere in coda alle guerre, dalle Puniche in qua, storia antica che poi si può levare senza traumi dall’insegnamento scolastico e può restare all’Università per far vincere qualche cattedra di storia antica».

Perché la memoria di Lidia sia fertile dovremo da oggi impegnarci ancora di più e con più determinazione a trasmettere gli ideali di quel tempo doloroso, denso di significato e dignità e a far confluire le forze di tutti quelli che lottarono allora per un paese libero e non violento con le energie giovani, che a quegli ideali fanno ancora riferimento. [Celeste Grossi, coordinatrice del gruppo Arci Lombardia
Diritti umani, pace, disarmo, politiche internazionali]

Articoli e video di Lidia Menapace su Arci-ecoinformazioni.

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