eQua: la fine è solo l’inizio, del cambiamento

Nella soleggiata giornata di sabato 9 aprile è terminata al Teatro Tascabile di Bergamo la prima edizione di eQua: tre giorni di dibattiti, lavori e proposte di numerosi relatori e relatrici, circoli e comitati da sintetizzare nella teoria delle idee e nella pratica quotidiana associativa in vista del prossimo convegno nazionale di Arci. Un confronto tra diverse intelligenze che ha cercato di portare un po’ di luce sul percorso comune verso il cambiamento, riuscendoci.

Nel pomeriggio soleggiato del cortile del Teatro Tascabile di Bergamo si è conclusa la tre giorni del convegno dell’Arci a tema diseguaglianze: eQua. Un convegno che ha portato un tema di fondamentale importanza al centro di un confronto che vuole essere la premessa per una stagione di cambiamento, che tra crisi economiche, pandemia e guerre rappresenta sempre più una priorità.

Nel primo intervento Massimo Cortesi, presidente di Arci Lombardia, ha ribadito l’importanza di arricchire il percorso iniziato con eQua nell’auspicio che diventi qualcosa di continuo e duraturo. Un ringraziamento caloroso è andato alle persone che hanno lavorato per rendere possibile questo evento riuscito e largamente partecipato. Un altro sentito ringraziamento è arrivato poi da Andrea Polacchi, responsabile Nazionale Mutualismo per Arci che ha contribuito all’ideazione e organizzazione di eQua. «Un grande grazie va ai circoli e ai comitati per questa tre giorni che vuole essere un inizio. Non è giusto trarre nessuna conclusione ora se non quella di continuare con i temi che abbiamo trattato e portare un contributo alla lotta contro le diseguaglianze, da costruire insieme nei prossimi mesi».

Raffaella Bolini, coordinatrice del lavoro Lotta alle diseguaglianze e diritti sociali di Arci e parte fondamentale nell’ideazione dell’evento ha ringraziato compagne e compagni che hanno coordinato, preparato e gestito le dodici tavole tematiche trasversali, cuore di questa iniziativa. Tavoli che sono stati una proficua occasione per l’interscambio, dal basso, dei comitati e dei circoli e un primo passo nel percorso tracciato. «I primi passi sono fatti apposta per essere migliorati», ha detto. «Questo è stato un vero luogo di convergenza e intersezionalità». Tutti coloro che hanno coordinato i gruppi di lavoro avranno ora il compito di restituire quanto è stato fatto con report e relazioni. La proposta è poi quella di ritrovarsi insieme per capire come procedere partendo da questi risultati. «Grazie a tutti e a tutte quelle che hanno preso parola perché è stato la base su cui eQua può andare avanti».

Trattando il tema della socialità e del conflitto politico, che comporta il diritto a esistere dell’associazionismo come quello di Arci, Bolini ha dato la parola a Marco Mini, di Arci Valdarno. Mini ha illustrato la funzione dell’associazionismo e i termini del suo cambiamento dal 2017, con una critica alla poca conoscenza da parte del legislatore di questo mondo rivelatasi poi un disegno che porta verso un mercato dei servizi sociali. Una scelta che mortifica la funzione sociale delle realtà associative esternalizzazando i servizi sociali e portando a un allontanamento dal pubblico e dalle persone.

Daniele Lorenzi, il presidente di Arci, è intervenuto ricordando Aldo Garcia. Un compagno di lotta che fin da ragazzino è stato a il manifesto portando un contributo significativo, conosciuto da Lorenzi all’inizio anni ’90 con Tom Benetollo. «È stato un compagno critico con cui discutere su questioni anche internazionali, che ha lasciato dentro alla nostra associazione un segno indelebile». Lorenzi ha poi ringraziato Andrea Polacchi e Raffaella Bolini, cuore dell’iniziativa e di una orchestra che ha funzionato alla perfezione. «Vi guardo e siete giovani e belli, perché qui diventa giovane anche chi non è più giovane e mi sento un ragazzino anche io», ha detto rivolgendosi al pubblico presente nel chiostro. «Grazie di aver dato un grande contributo al dibattito interno alla nostra associazione. E quelli che non c’erano li coinvolgeremo nei prossimi appuntamenti».

La discussione che si è creata in questi giorni è stata estremamente interessante e ha coinvolto intelligenze e analisi interessanti. «Ma che fare domani? Che fare non solo nel senso del che fare di Lenin ma anche riguardo la parte organizzativa. Perché questo patrimonio deve essere patrimonio di tutta l’associazione a partire dai nostri circoli, per portare un confronto politico con la classe politica». E proprio parlando della classe politica, Lorenzi ha sottolineato come questi tre giorni abbiano messo in luce l’inadeguatezza evidente del nostro gruppo dirigente politico, che ha belle intelligenze che però si fanno assorbire dalla media invece di elevarla trascinandola sui temi. Così, attraverso compromessi al ribasso le questioni si ingarbugliamo e le decisioni perdono di senso, dimenticandosi della società civile. «Dobbiamo portare il nostro contributo, anche sulla questione della guerra». ha continuato.
Rifiutando la linea del pensiero unico ha esortato a riflettere sulla necessità di avere maggiore peso politico da parte dell’Europa, un’Europa politica che trovi lo spazio di una vera indipendenza che non ha e forse mai ha avuto. Un’indipendenza che non esclude alleanze ma margini di manovra maggiormente liberi, quindi meno sottomessi alle volontà esterne. «C’è bisogno di questa Europa e noi lavoreremo in questa direzione».

E ancora parlando dell’associazione ha ribadito l’importanza del percorso che ci porterà al congresso a fine anno. «Ci salutiamo oggi e ci vediamo tra un mese a Sabir, e poi meeting antirazzista a Cesia. Sono appuntamenti tradizionali ma che avverranno aggiungendo qualcosa in più». E poi ancora ha citato gli incontri su questioni di genere, le riunioni per il Sud che è risorsa politica da mobilitare per trasformarsi in momento associativo e aggregativo per tutti i soci e le socie. E a ottobre poi Strati della cultura, che è esempio di come Arci sia una associazione di cultura politica che ha una grande ambizione. «Abbiamo iniziato con questo convegno sulle diseguaglianze perché una delle cose che ho a cuore è riconoscersi in questa lotta, che è una cosa che ci tiene insieme. È un grande lavoro e costerà fatica ma questa scommessa dobbiamo vincerla», ha concluso.

L’ultimo intervento è stato quello di Luciana Castellina, presidente onoraria Arci e presenza costante di questi tre giorni, come relatrice e tra il pubblico nelle conferenze. «Come presidente onoraria mi sono sentita onorata di essere qui, perché i temi affrontati sono quelli di cui forse Arci ha bisogno più di altri organismi». «Affrontare oggi temi dell’eguaglianza è molto più difficile per il grande sviluppo della produzione che oggi non è più sostenibile. La speranza e l’illusione che il modo di vivere nostro si potesse espandere alle altre regioni è stata illusione. Questo ci dà un aiuto perché rende visibile il fatto che si deve cambiare radicalmnete questo modello. Ma la nostra battaglia non è per prendersi Palazzo Chigi ma è volt a cambiare le persone, cambiare la testa delle persone». Il discorso di Luciana Castellina esorta a un cambiamento che deve avvenire quindi stando in mezzo alla gente, diffondendo la cultura, una cultura diversa che apra altri orizzonti del pensabile e quindi del possibile. Perché solo così la rivoluzione è possibile. Oggi è infatti più ovvia la necessità dell’incontro sul territorio fra reti, tra Arci e Sindacato e altre realltà affini, tanto è il lavoro da fare. «In questo convegno tutti siamo contenti e mica succede sempre, vuol dire che abbiamo fstoo qualcosa di utile», ha concluso Castellina.

Chiosando il presidente Lorenzi ha poi ricordato la sua giovinezza di attore teatrale e citando un’opera in cui ha recitato relativa a Jean-Paul Marat ha concluso: «ho settantanni e sto pensando con serietà al mio futuro di rivoluzionario».

Quest’ultimo incontro è stata una degna conclusione di tre giorni di fermento politico e culturale, di dibattiti, tavoli di lavoro, confronti, socialità e convivialità tra teatri e circoli. Sessioni che hanno visto un susseguirsi di interventi eterogenei che hanno abbracciato diverse realtà sociali, associazioni, esponenti politici e intelligenze di vario genere. Un’eterogeneità che si è cercato di condensare in funzione di una convergenza che, nell’auspicio comune, possa portare a un orizzonte di intenti condiviso. Un tentativo di sintesi per comprendere e cambiare il presente e il futuro: per una conversione ecologica all’insegna dell’eguaglianza e della giustizia sociale. E, perché no, seguendo il consiglio di Luciana Castellina di rivoluzionare sul serio questo sistema. [Daniele Molteni, ecoinformazioni]

Guarda le foto di Gianpaolo Rosso Beatriz Travieso per ecoinformazioni.

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