Luigi Lusenti/ Intervista a Gigi Marcucci
Gigi Marcucci, ex giornalista dell’Unità e ora free lance è autore, assieme alla collega Antonella Beccaria, del libro Morire al Cairo uscito nel 2016 per la Casa Editrice Castelvecchi. Quello che si definisce un instant book, cioè un libro scritto in tempi molto rapidi su un fatto di cronaca, l’assassinio di Giulio Regeni. Un libro che Arci Lombardia ha presentato in alcuni suoi Comitati nell’ambito della campagna per la verità sull’uccisione in Egitto del giovane ricercatore italiano.
Il libro è una ricostruzione attenta e precisa di una vicenda drammatica che ancora non ha trovato giustizia e verità.
D. Gigi Marcucci, dopo quasi tre anni dall’omicidio di Giulio Regeni, cosa puoi aggiungere a quanto scritto nel tuo libro?
R. Dal punto di vista giudiziario sono successe molte cose. La procura di Roma ha continuato nelle indagini mettendo sotto accusa una serie di agenti della national security coinvolti nel pedinamento, nel rapimento e nelle torture di Giulio, nonostante l’immobilità dell’ufficio omonimo del Cairo. Possiamo dire che la procura di Roma ha gettato un sasso attendendo di vedere le reazioni dei vari soggetti coinvolti. Dal punto di vista politico i risultati sono stati molto meno.
Abbiamo rimandato l’ambasciatore ristabilendo i rapporti diplomatici, pur continuando a sollecitare Al-Sisi a spiegare cosa sia successo e il nostro ministro degli interni Matteo Salvini ha detto che tutta la vicenda Reggeni è solo un caso di famiglia. Salvo poi correggersi senza molta convinzione. Diciamo che la politica in questo caso sembra proseguire sempre in ordine sparso e non offre propri impulsi alla soluzione del caso. Ancora di più, la politica è proprio ferma. Questa costatazione riguarda tutti i governi che si sono succeduti dal 2016. Proprio il governo precedente a quello Conte ha rimandato l’ambasciatore al Cairo in un momento nel quale non c’era fretta di normalizzare i rapporti e la collaborazione egiziana sul caso era nulla.
D. Quale lettura dai di questa immobilità della politica italiana sul caso Regeni.
R. L’Italia ha bisogno dell’Egitto sui problemi dell’immigrazione, sulle questioni economiche. L’Egitto è un grande produttore di gas e l’Eni un acquirente importante. Certi affari non vanno disturbati. Io credo che la morte così violenta e assunta di un cittadino italiano, e anche di un cittadino europeo anche se questa precisazione pare passare in secondo piano, sia un problema molto serio che non può piegarsi alla ragion di stato.
D. Apriamo il quadro europeo.
R: Faccio riferimento a una vecchia intervista di Emma Bonino. Il governo italiano, secondo il suo parere avrebbe, dovuto prendere iniziative nei confronti di tutte le cancellerie europee mettendole anche davanti alle loro responsabilità e chiedendo solidarietà sul caso Regeni. E chiedendo di fare pressione sull’Egitto. Ci doveva essere la ricerca di una posizione europea più solidale che, invece, non ci è mai stata con i governi precedenti. E avrebbe dovuto farlo alla luce del sole in modo che poi ognuno si assumesse le proprie responsabilità davanti ai propri elettori. Questo non mi risulta che sia stato fatto. A meno che non ci siano contatti riservati. Ma così non sembra se prendiamo in esame il caso di un cittadino francese anche lui morto nelle carceri egiziane. Era il 13 settembre del 2013, il cittadino francese si chiamava Eric Lang, insegnante, residente in Egitto da 20 anni. Lan è morto per le botte subite in 7 giorni di detenzione.
Dai francesi nessuna reazione. La famiglia ha dichiarato: “ci hanno lasciati soli”. E dopo 2 anni e mezzo, il presidente francese, in visita ad Al-Sisi firmava trenta accordi e uno di forniture militari del valore di un miliardo di dollari.
D: A cosa addebiti questo comportamento delle cancellerie europee?
R: Si pensa ad Al-Sisi come l’uomo che può influenzare la crisi libica e di rimando la questione dei migranti che partono da quel paese. Ed è visto anche come una difesa contro il terrorismo. Ci si dimentica però che il regime egiziano è un regime dittatoriale, che eccita gli animi e le opposizioni con arresti indiscriminati e torture. Calpestando i diritti delle persone. Quanti sono i “desaparecidos” egiziani? Durante il regime di Ben Ali in Tunisia, molti oppositori finiti nelle carceri raccontavano come, proprio per la disumanità delle prigioni e la mancanza di qualsiasi rispetto umano e di diritto, quelle carceri diventassero serbatoio di odio e di rancore. Non un ostacolo al terrorismo ma una fucina di terroristi. Non vedo perché in Egitto dovrebbe essere diverso.
Le ultime scoperte fatte dalla magistratura italiana ci dicono l’opposto. Ci dicono che l’ostaggio Regeni è passato più volte di mano e potrebbe essere finito in quelle di servizi militari propensi a usare una violenza ancora più disumana. Se ci fosse una forte pressione politica si potrebbe scardinare la cortina di silenzio, ma forse la politica ha proprio paura di scardinare questa cortina e di arrivare a livelli di responsabilità troppo alti.
D: C’è una vicenda che salta fuori sempre, la questione della tutor inglese di Giulio Regeni. La sua mancata collaborazione con i magistrati italiani ha lasciato dubbi e creato una parte di mistero sul suo ruolo e sulle vere attività del ricercatore italiano.
R: Su questo si deve essere assolutamente chiari e precisi. Non si devono ingenerare dubbi. Non è emerso mai nulla, lo ripeto mai nulla, che possa legare Giulio ad attività di servizi segreti. La tutor inglese non ha fatto certo una bella figura non collaborando con i nostri investigatori ma essendo di origine egiziana è comprensibile la sua paura. Il terrore che la sua famiglia rimasta in Egitto possa subire ritorsioni. Ripeto, Giulio Reggeni era solo un ricercatore.
D: Pensi di scrivere un nuovo libro o di aggiornare quello che hai già fatto. Serve la pressione dell’opinione pubblica?
R: Oggi come oggi non credo ce ne sia bisogno. Serve invece che non venga meno la pressione sulle nostre istituzioni. Qualsiasi iniziativa che vada in questa direzione è importantissima. Arci è una delle associazioni più impegnati nella campagna per la verità su Giulio Regeni. E io sono sempre disponibile a dare il mio contributo. [Luigi Lusenti]