Arci ed Acli dimenticati (ancora) dai decreti legge
«Ultimi a ripartire e ancora discriminati. Il cronoprogramma delle riaperture previste dal nuovo decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri, alla luce del miglioramento dei dati sulla pandemia, è un ulteriore schiaffo al mondo dell’associazionismo di promozione sociale e culturale del Terzo settore. In base alle scelte fatte i centri culturali, sociali e ricreativi – come i nostri Circoli – saranno gli ultimi a ripartire e lo potranno fare soltanto dal primo luglio.
Una scelta incomprensibile, una discriminazione inconcepibile che rischia di affossare definitivamente migliaia di realtà associative in tutta Italia, colpite da una crisi senza precedenti legata alla pandemia».
Lo hanno dichiarato in una nota congiunta la Presidente nazionale Arci, Francesca Chiavacci, e il Presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia, che hanno inviato una lettera al governo chiedendogli di intervenire.
«Si approssima una fase – si legge nella lettera inviata al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e al ministro della Sanità, Roberto Speranza – in cui via via stanno ripartendo spettacoli aperti al pubblico, eventi e attività sportive, fiere, convegni, ma nulla è previsto per i circoli fino al 1 luglio».
«Ci troviamo nella paradossale situazione per cui, alle stesse condizioni di adempimento delle norme igienico-sanitarie e con un ulteriore requisito relativo alla sicurezza, cioè la tracciabilità di coloro che ne usufruiscono (poiché sono socie e soci dei nostri enti, e quindi riconoscibili), i nostri circoli non possono svolgere attività identiche o analoghe a quelle di altri soggetti».
«Fin dall’inizio della pandemia – prosegue la lettera di Arci e Acli al governo – abbiamo seguito con responsabilità le prescrizioni del governo per contrastare la pandemia, durante il lockdown abbiamo svolto un ruolo di formazione dei cittadini alla responsabilità e abbiamo messo in campo numerose iniziative di solidarietà e mutualismo, per sostenere chi aveva più bisogno. Riteniamo però una grave ingiustizia e una sorta di ‘discriminazione’, che forse è in parte dovuta al sovrapporsi di normative, quella per cui oggi, nelle stesse condizioni ambientali, non sia consentito alle nostre strutture, in forza semplicemente della loro natura giuridica, di svolgere attività analoghe a quelle che a tutti gli altri sono consentite».
Insieme alla lettera, Chiavacci e Manfredonia hanno inviato al governo anche un documento con alcune soluzioni normative affinché si possa «trovare una soluzione giusta nei prossimi decreti relativi alle riaperture, che riconosca il ruolo determinante nella ripartenza del Paese dei nostri circoli, dell’associazionismo culturale, della socialità responsabile di prossimità e di chi combatte contro la solitudine e l’isolamento». [Arci ed Acli]