Sabir/ Straordinaria occasione di incontro e formazione
Si è chiusa sabato 30 ottobre, con una dichiarazione finale degli organizzatori, la settima edizione del Festival Sabir “Le frontiere dei diritti e la pandemia”. Il Festival – promosso da Arci insieme a Caritas Italiana, Acli, Cgil, con la collaborazione di Asgi, Carta di Roma, A Buon Diritto e il patrocinio della Rai, della Regione Puglia, della Provincia e del Comune di Lecce – si è svolto dal 28 al 30 ottobre a Lecce, ed è stata un’occasione di incontro e dibattito con persone migranti e rifugiati, esponenti della società civile italiana e internazionale, con politici e rappresentati istituzionali.
Qualche numero: 500 sono stati i partecipanti in presenza (si è dovuto ovviamente tener conto dei limiti imposti dalle misure anticovid); 1000 i partecipanti a distanza (zoom e dirette Facebook); 130 relatori in presenza e a distanza che hanno animato 43 eventi di cui 33 convegni e 5 presentazioni di libri.
Per la parte artistica, segnaliamo i 2 concerti, i 3 spettacoli teatrali e le sei mostre fotografiche.
Il tutto gestito grazie alla presenza di circa 100 persone tra staff e volontari.
Il 2021 è stato un anno drammatico e complesso sia per gli effetti della pandemia che per le conseguenze della crisi ambientale che costringe a un esodo forzato milioni di donne e uomini, mentre sono tante le persone che hanno subito e continuano a subire violenze e persecuzioni in tutto il mondo. Il Mediterraneo è una delle regioni del mondo intorno a cui si concentrano tante delle criticità e delle contraddizioni di un modello di sviluppo diseguale che, oltre a compromettere pesantemente l’equilibrio e il futuro del pianeta, produce povertà, discriminazioni e diseguaglianze. È necessario costruire alternative partendo dalla società civile, dalle sue organizzazioni e da relazioni orizzontali tra comunità locali. Il Festival Sabir è un contributo in questa direzione. Uno spazio di socializzazione e confronto per le tante persone che non vogliono arrendersi alla normalità dell’ingiustizia e ad una cultura che considera troppo spesso le persone numeri, sacrificabili sull’altare del profitto e degli egoismi degli Stati e dei grandi gruppi economici e finanziari.
La crisi afghana ha messo ben in evidenza le contraddizioni delle politiche che hanno caratterizzato le scelte dei governi, in particolare di quelli dell’Unione Europea. Il Patto Europeo su immigrazione e asilo è il tentativo esplicito di tenere gli immigrati fuori dai confini Ue, esternalizzando le frontiere e il diritto d’asilo, che di fatto viene così cancellato.
Il festival Sabir e l’assemblea finale intendono avviare un processo aperto e partecipato con l’obiettivo di costruire una piattaforma che riunisca le reti e i soggetti impegnati sul piano nazionale e internazionale a contrastare le politiche discriminatorie dell’Unione europea. La ricerca dunque di un terreno unitario, il più ampio possibile, che possa anche trovare, per essere efficace, una sponda nelle istituzioni internazionali e nazionali, nonché tra le comunità del mondo dell’immigrazione e dei rifugiati.
“Non vogliamo e non possiamo più assistere alle morti in mare, ai respingimenti lungo la rotta balcanica e alla frontiera tra Bielorussia e Polonia, né tanto meno alla chiusura di ogni via d’accesso al diritto d’asilo in Europa” – affermano gli organizzatori. “Ciò che auspichiamo è che, partendo da esperienze concrete, come i corridoi umanitari, le operazioni di salvataggio nel mediterraneo centrale delle ONG, le tante forme di solidarietà e vertenza alle nostre frontiere, si costruisca una alleanza di società civile per un Patto Europeo per i Diritti e l’Accoglienza e si apra un confronto stabile tra la dimensione nazionale delle vertenze e quella europea, con il coinvolgimento di quei parlamentari, nazionali ed europei, che vorranno contribuire a determinare un cambiamento reale”.
Dichiarazione finale della VII edizione di Sabir, Festival diffuso delle culture mediterranee
Il 2021 è stato un anno drammatico e complesso sia per le conseguenze della pandemia, ancora tragicamente presente nelle vite degli esseri umani, che per le tante persone che hanno subito e continuano a subire violenze e persecuzioni in tutto il mondo, così come le conseguenze devastanti della crisi ambientale. Il Mediterraneo è una delle regioni del mondo intorno alla quale si concentrano tante delle criticità e delle contraddizioni di un modello di sviluppo diseguale che, oltre a compromettere pesantemente l’equilibrio e il futuro del pianeta, produce povertà, discriminazioni e diseguaglianze. È necessario costruire alternative partendo dalla società civile, dalle sue organizzazioni e da relazioni orizzontali tra comunità locali e il Festival Sabir è un contributo in questa direzione. Uno spazio di socializzazione e confronto internazionale che intende essere una occasione per le tante persone che non vogliono arrendersi alla normalità dell’ingiustizia, ad una cultura e ad una economia che considerano troppo spesso le persone numeri, sacrificabili sull’altare del profitto e degli egoismi degli Stati e dei grandi gruppi economici e finanziari.
La crisi afghana ha messo ben in evidenza quante e quali sono le contraddizioni delle politiche che in questi ultimi anni hanno caratterizzato le scelte dei governi, in particolare di quelli dell’Unione Europea.
Il Patto Europeo su immigrazione e asilo è il tentativo esplicito di cancellare il diritto d’asilo e di criminalizzare l’immigrazione. La proposta presentata dalla Commissione nel settembre 2020 sceglie come strumento principale per impedire alle persone di entrare regolarmente sul territorio dell’UE l’esternalizzazione delle frontiere e del diritto d’asilo, cancellando in questo modo i principi normativi europei in materia di diritti umani e molti di quelli contenuti nella legislazione internazionale e nelle costituzioni nazionali. Il Festival Sabir e l’assemblea finale intendono proseguire, con questa dichiarazione, un processo aperto e partecipato con l’obiettivo di costruire una piattaforma che riunisca le reti e i soggetti impegnati sul piano nazionale e internazionale a contrastare le politiche di esternalizzazione dell’Unione Europea.
La preoccupazione per la direzione sbagliata e tragica che i governi stanno prendendo in materia di diritto dell’immigrazione e dell’asilo ci impone di ricercare un terreno unitario, il più ampio possibile, che possa anche trovare, per essere più efficace, una sponda nelle istituzioni internazionali e nazionali, nonché tra le comunità del mondo dell’immigrazione e dei rifugiati. Tutte le iniziative di pressione e mobilitazione rivolte alle istituzioni europee e alle diverse istituzioni nazionali necessitano di un terreno comune, di una convergenza che determini concretamente una inversione di marcia nelle scelte concrete dei governi. Non vogliamo e non possiamo più assistere alle morti in mare, ai respingimenti lungo la rotta balcanica e alla frontiera tra Bielorussia e Polonia, né tanto meno alla chiusura di ogni via d’accesso al diritto d’asilo in Europa.
Ciò che auspichiamo è che l’alternativa si costruisca dall’analisi concreta, aprendo canali di d’accesso legale, valorizzando ed ampliando quelli già sperimentati, effettuando operazioni di salvataggio nel Mediterraneo centrale ora a carico solo delle ong, valorizzando le tante forme di solidarietà alle nostre frontiere. Sono tutte iniziative volte a determinare una alternativa alle politiche europee in materia di immigrazione e asilo, a partire dalle quali si può costruire una alleanza di società civile per un Patto Europeo per i Diritti e l’Accoglienza con un confronto stabile tra la dimensione nazionale delle vertenze e quella europea, anche con il coinvolgimento di quei parlamentari, nazionali ed europei, che vorranno contribuire a determinare un cambiamento reale. [Sabir]