Dati Onu 1 novembre/ La strage continua
I dati sconvolgenti diffusi oggi dall’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari relativi alle vittime nei diversi teatri della mattanza in corso. Dal 7 ottobre si registrano 8.525 persone uccise (tra cui 3.542 bambini e 2.187 donne) e 21.543 feriti nella Striscia di Gaza. Ci sono circa 1.950 dispersi, tra cui almeno 1050 bambini, che presumibilmente sono sotto le macerie. Le vittime israeliane sono 1.405 (oltre a 5.447 feriti). In Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est) i morti sono 123, inclusi 34 bambini, e 2.209 feriti, inclusi almeno 201 bambini. Il numero di feriti palestinesi causati da munizioni vere è quasi otto volte superiore al numero medio bisettimanale di tali feriti tra il 1° gennaio e il 7 ottobre 2023. Il report integrale.
Dati situazione umanitaria GAZA (segue West Bank)
DATI OCHA (Flash update 31/10) – https://ochaopt.org/content/hostilities-gaza-strip-and-israel-flash-update-25
Vittime e feriti (dati del 31/10):
Palestinesi: Dal 7 ottobre si registrano 8.525 persone uccise (tra cui 3.542 bambini e 2.187 donne) e 21.543 feriti nella Striscia di Gaza. Ci sono circa 1.950 dispersi, tra cui almeno 1050 bambini, che presumibilmente sono sotto le macerie. I dati sono passibili di cambiamenti significativi soprattutto in relazione alle vittime e ai feriti colpiti tra il 27 e il 29 ottobre, durante il taglio totale delle comunicazioni che ha fortemente limitato la capacità del personale sanitario e della protezione civile di raggiungere tempestivamente i luoghi colpiti.
Secondo il Ministero della Salute di Gaza, al 27 ottobre, 192 famiglie palestinesi hanno perso dieci o più dei loro membri, 136 famiglie palestinesi hanno perso da 6 a 9 membri e 444 famiglie hanno perso da due a cinque membri.
Israeliani: Le vittime israeliane sono 1.405 (oltre a 5.447 feriti); almeno 1.400 israeliani e cittadini stranieri sono stati uccisi in Israele e almeno 5.400 sono rimasti feriti, la stragrande maggioranza il 7 ottobre. A questi si aggiungono 4 soldati israeliani morti e 1 ferito nella Striscia di Gaza e 1 morto e 13 feriti in Cisgiordania.
I media israeliani hanno riferito che, al 31 ottobre, sono stati rilasciati i nomi di 1.138 di queste vittime, tra cui 826 civili e poliziotti e 315 soldati. Di coloro di cui è stata fornita l’età, 31 sono bambini.
Secondo le autorità israeliane, a Gaza sono tenute prigioniere 239 persone, tra cui israeliani e cittadini stranieri. Risultano ancora quaranta persone scomparse. I media hanno riferito che circa 30 degli ostaggi sono bambini. Quattro ostaggi adulti sono stati rilasciati il 20 e 23 ottobre. Il 26 ottobre, Hamas ha affermato che 50 ostaggi erano stati uccisi da attacchi aerei israeliani.
Sfollati interni – dati del 31/10: Il numero di sfollati interni dall’inizio delle ostilità è stimato in oltre 1 milione e 400.000 persone, Questa cifra include 689.000 sfollati accolti in 150 strutture dell’UNRWA, 121.750 che hanno trovato rifugio in ospedali, chiese e altri edifici pubblici e circa 83.000 in 72 scuole non UNRWA.
Fornire assistenza a circa 300.000 sfollati interni ospitati in 100 rifugi ed edifici pubblici nella città di Gaza e nel nord della Striscia è sempre più difficile a causa dell’intensità delle ostilità. Almeno 117.000 di questi sfollati interni si stanno rifugiando in 13 ospedali e altre strutture sanitarie.
Il numero medio di sfollati interni per rifugio nelle strutture dell’UNRWA ha raggiunto quasi quattro volte la capacità prevista. Il Centro di formazione di Khan Younis è attualmente il rifugio più affollato e ospita 22.100 sfollati interni, più di dieci volte la sua capacità.
L’UNRWA stima che al 26 ottobre almeno 30.000 sfollati interni siano tornati nel nord, a causa dei continui bombardamenti nel sud e dell’impossibilità di trovare un riparo adeguato.
Il valico di Rafah, chiuso dal 7 ottobre, viene temporaneamente aperto (solo in ingresso) dal 21 ottobre; tali aperture hanno permesso l’ingresso di 217 camion di aiuti tra il 21 e il 31 ottobre. Si stima che oltre il 15% degli sfollati interni siano persone con disabilità, ma la maggior parte dei rifugi non sono adeguatamente attrezzati per le loro esigenze.
Elettricità (dati 31/10): La fornitura di benzina ed elettricità sono state interrotte da Israele il 7 ottobre. L’assenza di benzina ha determinato lo spegnimento dell’unica centrale elettrica della striscia l’11 ottobre. Ciò ha costretto le strutture che offrono servizi essenziali a fare affidamento su generatori di riserva, il cui funzionamento è limitato dalla scarsità di carburante nella Striscia. Le merci entrate a Gaza dal 21 ottobre attraverso il valico di Rafah non includono carburante.
Servizi sanitari (Dati 31/10): Tutti i 13 ospedali ancora operativi nella città di Gaza e nel nord di Gaza hanno ricevuto ripetuti ordini di evacuazione. Migliaia di pazienti e personale medico, nonché circa 117.000 sfollati interni, si trovano in queste strutture e per alcuni è impossibile spostarsi. Dal 7 ottobre, 37 strutture sanitarie (compresi 21 ospedali) e 28 ambulanze sono state danneggiate da attacchi.
Dall’inizio delle ostilità, oltre un terzo degli ospedali di Gaza (12 su 35) e quasi due terzi di tutte le cliniche di assistenza sanitaria di base (46 su 72) hanno chiuso a causa di danni o mancanza di carburante, aumentando la pressione sulle restanti strutture sanitarie ancora operative.
Nove centri sanitari dell’UNRWA (su 22) sono ancora operativi nelle aree del Centro e del Sud. Il 30 ottobre hanno ricevuto circa 4.300 visite di pazienti. I servizi sanitari sono inoltre mantenuti nei 92 rifugi dell’UNRWA situati nell’area centro-meridionale della Striscia, con il supporto di unità mediche mobili ed équipe mediche.
Secondo il Ministero della Salute di Gaza, le ostilità in corso hanno sfollato la maggior parte dei medici, costringendo gli ospedali a operare con meno di un terzo del loro normale personale. Gli ospedali continuano a soffrire di una grave carenza di carburante, che porta a un severo razionamento e a un uso limitato dei generatori solo per le funzioni più essenziali. Inoltre, la manutenzione e la riparazione dei generatori di riserva, originariamente non destinati al funzionamento continuo, sta diventando sempre più impegnativa a causa della scarsità di pezzi di ricambio.
L’ospedale Shifa di Gaza City, il più grande della Striscia di Gaza, sta curando circa 5.000 pazienti, ben oltre la sua capacità di 700 pazienti, oltre a circa 45.000 sfollati interni che si rifugiano all’interno e nei dintorni dell’ospedale. L’ospedale Al Quds, sempre nella città di Gaza, accoglie più di 400 pazienti e circa 12.000 sfollati interni.
Dati 01/11 – fonte WHO https://www.emro.who.int/opt/news/who-welcomes-decision-by-egypt-to-receive-patients-from-gaza-strip.html : Il 1 novembre 2023, l’Egitto ha consentitio l’ingresso da Gaza ad aclune decine di pazienti. Secondo quanto riferito dall’OMS, ci sono altre migliaia di persone all’interno della Striscia di Gaza che continuano ad aver bisogno dell’accesso a servizi sanitari urgenti ed essenziali a causa della carenza di medicinali, forniture sanitarie e altri aiuti come carburante, acqua e cibo. Tra le persone in grave bisogno figurano migliaia di civili gravemente feriti (molti dei quali bambini); più di 1000 persone che necessitano di dialisi renale per sopravvivere; più di 2000 pazienti in terapia antitumorale; 45.000 persone con malattie cardiovascolari; e più di 60.000 persone con diabete. Prima del 7 ottobre 2023, circa 100 pazienti ogni giorno avevano bisogno di accedere a servizi sanitari specializzati al di fuori della Striscia di Gaza a causa della mancanza di servizi sanitari specializzati necessari all’interno di Gaza.
Acqua (dati 31/10): La fornitura di acqua è stata completamente interrotta il 10 ottobre. Israele forniva acqua alla Striscia tramite tre linee: quella al Nord è sempre rimasta chiusa dall’8 ottobre. Quella nel Sud (area est di Khan Younis) è stata temporaneamente riaperta tra il 15 e il 30 ottobre, con capacità molto limitata e risulta nuovamente chiusa dal 30 ottobre. La linea che serve l’area centrale è stata riaperta il 27 ottobre, ma il volume erogato non è ancora chiaro.
Nella zona centrale e nel sud di Gaza è continuato due impianti di desalinizzazione dell’acqua di mare funzionano a circa il 40% della loro capacità, insieme a 120 pozzi d’acqua e 20 stazioni di pompaggio. Ciò è stato reso possibile dalla consegna di piccole quantità di carburante da parte dell’UNRWA e dell’UNICEF.
L’accesso all’acqua nella città di Gaza e nel nord di Gaza è molto più difficile. Né l’impianto di desalinizzazione dell’acqua né il gasdotto israeliano che rifornisce quelle aree sono operativi. Anche se l’UNRWA e l’UNICEF hanno fornito quantità limitate di carburante a un certo numero di pozzi d’acqua, l’acqua viene fornita solo tramite camion. Negli ultimi due giorni, le attività di trasporto idrico si sono interrotte a causa delle operazioni militari in corso.
Le persone stanno quindi consumando acqua salata con oltre 3.000 milligrammi per litro di sale proveniente dai pozzi agricoli. Ciò rappresenta un rischio immediato per la salute, poiché aumenta i livelli di ipertensione, soprattutto nei bambini sotto i sei mesi, nelle donne incinte e nelle persone con malattie renali. L’uso di acque sotterranee saline aumenta anche il rischio di diarrea e colera. Secondo le stime delle Nazioni Unite, il consumo medio di acqua da tutte le fonti e per tutte le esigenze (comprese la cucina e l’igiene) è sceso a soli tre litri al giorno per persona.
Sicurezza alimentare (dati 31/10): dal 7 ottobre undici panifici sono stati colpiti e distrutti (sei nella città di Gaza, due a Jabalia, due nella zona centrale e uno a Khan Younis). Di conseguenza, le persone hanno difficoltà a procurarsi il pane. Si segnalano code di ore davanti alle panetterie, dove le persone sono esposte agli attacchi aerei. Al 31 ottobre, sono 9 panifici continuano ad essere funzionanti. L’UNRWA ha continuato a fornire loro la farina, consentendo loro di offrire il pane alla metà del prezzo. La carenza di carburante è l’ostacolo principale che impedisce a questi panifici di soddisfare la domanda locale. Non entrano derrate alimentari dal valico di Kerem Shalom (da cui normalmente entra una fornitura quotidiana) dal 6 ottobre 2023.
Il Programma Alimentare Mondiale (WFP/PAM) stima che le attuali scorte di beni alimentari essenziali a Gaza siano sufficienti per circa 7 giorni. Tuttavia, a livello di negozio, si prevede che lo stock disponibile durerà solo cinque giorni. I rivenditori al dettaglio si trovano ad affrontare sfide significative durante il rifornimento dai grossisti a causa della distruzione diffusa e della mancanza di sicurezza.
Attacchi a personale medico/paramedico, personale umanitario, stampa (Dati 31/10): Dal 7 ottobre, 16 operatori sanitari in servizio sono stati uccisi e altri 30 feriti, tutti mentre erano in servizio. Il Comitato per la Protezione dei Giornalisti afferma che dall’inizio delle ostilità sono stati uccisi finora 31 giornalisti, tra cui 26 palestinesi, quattro israeliani e un libanese. 67 membri dello staff delle Nazioni Unite (UNRWA) e almeno 34 membri dello staff della Protezione Civile sono stati uccisi, e uno dei palazzi dove sono gli uffici delle ONG – anche ONG italiane – è stato colpito.
Strutture danneggiate (dati del 24/10): sono 177.781 le strutture abitative distrutte o danneggiate, il che compromette almeno il 45% del totale delle strutture abitative della Striscia. 207 strutture educative sono state colpite, comprese almeno 29 scuole UNRWA – 8 delle quali utilizzate come rifugi temporanei.
La maggior parte delle 65 stazioni di pompaggio delle acque reflue non sono operative, aumentando il rischio di inondazioni delle acque reflue. Tutti e cinque gli impianti di trattamento delle acque reflue a Gaza sono stati costretti a chiudere per mancanza di elettricità. A causa delle restrizioni di accesso alle principali discariche di Gaza, vicino alla recinzione perimetrale con Israele, i rifiuti solidi si sono accumulati in luoghi temporanei e nelle strade, ponendo rischi per la salute e l’ambiente.
Dati del 19/10 – non disponibile ulteriore aggiornamento: 11 moschee distrutte, 7 chiese e numerose moschee danneggiate, 1 università distrutta.
Dati ancora fermi al 12/10 – non disponibili dati più aggiornati: Sei cisterne, 3 stazioni di pompaggio dell’acqua, un serbatoio di acqua e un impianto di desalinizzazione, che in totale forniscono acqua a 1.100.000 persone, sono stati danneggiati. Non c’è più alcun impianto di desalinizzazione funzionante.
Dati situazione umanitaria West Bank
DATI OCHA (Flash update 01/11 ora di pranzo e Flash Update 31/10) – https://ochaopt.org/content/other-mass-displacement-while-eyes-are-gaza-settlers-advance-west-bank-herders e https://ochaopt.org/content/hostilities-gaza-strip-and-israel-flash-update-25
Vittime e feriti: In Cisgiordania (inclusa Gerusalemme Est) i morti sono 123, inclusi 34 bambini, e 2.209 feriti, inclusi almeno 201 bambini. Il numero di feriti palestinesi causati da munizioni vere è quasi otto volte superiore al numero medio bisettimanale di tali feriti tra il 1° gennaio e il 7 ottobre 2023.
Violenze, restrizioni e sfollamenti: Dal 7 ottobre, OCHA ha registrato 178 attacchi di coloni contro palestinesi che hanno provocato vittime o danni alla proprietà, compresi alcuni in cui erano coinvolte le forze israeliane. Ciò rappresenta una media di sette incidenti al giorno, rispetto a una media giornaliera di tre incidenti al giorno dall’inizio di quest’anno. Oltre un terzo degli attacchi si è svolto tramite minacce con armi da fuoco, compresi spari. Quasi la metà hanno coinvolto le forze israeliane che accompagnavano o sostenevano attivamente i coloni israeliani durante gli attacchi.
Dal 7 ottobre, 927 persone, tra cui almeno 361 bambini sono state sfollate da almeno 15 diverse comunità a causa della violenza dei coloni israeliani e delle demolizioni delle loro case da parte dell’esercito israeliano. Complessivamente, nel 2023, gli sfollati sono 3.285: 1.933 palestinesi sono stati forzatamente espulsi dalle loro comunità a causa della violenza dei coloni, e 1.352 a causa della demolizione delle loro case da parte dell’esercito israeliano.
Dal 7 ottobre, le restrizioni all’accesso, tipicamente imposte dalle autorità israeliane, si sono intensificate in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est. Queste sono particolarmente gravi nelle aree vicine agli insediamenti israeliani e nella “Seam Zone”, l’area palestinese isolata dalla barriera israeliana lunga 712 chilometri in Cisgiordania. Dal 7 ottobre, le autorità israeliane hanno imposto molteplici restrizioni e impedimenti alla circolazione in tutta la Cisgiordania, compresa Gerusalemme est. Ciò è stato fatto chiudendo i cancelli stradali, erigendo posti di blocco volanti agli incroci stradali principali, o creando cumuli di terra o blocchi stradali di cemento, scollegando città e paesi palestinesi dalle strade principali della Cisgiordania. Queste misure sono accompagnate dal dispiegamento di un gran numero di militari. In alcuni casi, le chiusure, come i cumuli di terra, sono state erette anche dagli stessi coloni israeliani. I coloni hanno imposto ulteriori restrizioni ai movimenti, bloccando le strade di accesso alle comunità palestinesi. Tali misure hanno limitato l’accesso dei palestinesi ai servizi essenziali e ai mezzi di sussistenza. In alcuni casi, i coloni hanno anche danneggiato le risorse idriche su cui fanno affidamento le comunità di pastori, privandole di una risorsa fondamentale. Le comunità di pastori palestinesi sono spesso fortemente dipendenti dall’assistenza umanitaria, compresi i servizi sanitari e educativi. Tuttavia, con l’intensificarsi delle restrizioni, molti servizi hanno dovuto essere interrotti. Le restrizioni all’accesso e al movimento e la frammentazione delle comunità palestinesi esacerbano la violenza dei coloni, poiché le comunità diventano sempre più vulnerabili e limitate nella loro capacità di far fronte a causa del loro accesso limitato ai servizi di base e dell’isolamento.
Attacchi alla sanità dati 24/10: Dal 7 ottobre, l’OMS ha documentato 96 attacchi all’assistenza sanitaria in Cisgiordania che hanno colpito 77 ambulanze, inclusi 49 attacchi che hanno comportato l’ostruzione alla fornitura di assistenza sanitaria; 53 di violenza fisica nei confronti delle équipe sanitarie; 17 che prevedeva il fermo di personale sanitario e ambulanze; e dieci che comportano perquisizioni militarizzate di risorse sanitarie.