Video/ Come mobilitarsi conro le politiche di riarmo/ L’intervento di Raffaella Bolini Stop Rearm Europe

 

Stop Rearm Europe. Sono qui a presentare la campagna europea Stop Rearm Europe, che è appena nata e sta muovendo i primi passi, le sue ragioni e i suoi obiettivi.  Proverò a raccontarvela, sperando che la scommessa comune che abbiamo fatto riesca ad appassionare e impegnare tante organizzazioni, reti, gruppi anche in Italia. Non ci rivolgiamo solo ai pacifisti: il riarmo, la guerra, la preparazione della guerra, l’isteria guerrafondaia e bellicista contamina, determina e plasma non solo l’economia ma la società, tutti gli aspetti della vita, la cultura. Mina alle basi la democrazia, perchè militarizzazione e autoritarismo si alimentano a vicenda. Legittima l’uso della violenza e della sopraffazione. Alimenta machismo e patriarcato. Afferma il potere di controllo e di dominio, sulle persone, sull’ecosistema, sulle differenze. E mette in discussione il futuro di tutti e di tutte.

La campagna è stata iniziata, subito dopo l’annuncio del piano di riarmo europeo ReArm Europe, da un piccolo nucleo di organizzazioni, International Peace Bureau che è una grande rete globale per la pace la rete europea Transnational Institute, da sempre impegnata nei movimenti per un mondo di diritti e di giustizia Transform Europe, che è la fondazione della Sinistra Europea, da sempre impegnata nei movimenti sociali per la pace e i diritti la WILPF che è una antica rete internazionale di donne per la pace da tre organizzazioni italiane Ferma il riarmo, la campagna italiana che oggi ha organizzato questo incontro Arci, Attac Italia e dalle due principali organizzazioni pacifiste del Regno Unito il CND – che iniziò  il grande movimento pacifista degli anni 80 contro gli euromissili e Stop the War Coalition – che con il Coordinamento Fermiamo la Guerra italiano, nel 2003 coordinò la preparazione in Europa della più grande manifestazione mai realizzata al mondo contro la guerra in Iraq, il 15 febbraio del 2003.

In pochi giorni, abbiamo già raccolto quasi 300 adesioni di organizzazioni e gruppi da molti paesi diversi. Siamo appena agli inizi, il lavoro di diffusione in Europa è appena cominciato, e chiediamo a chiunque abbia contatti fra associazioni e movimenti in Europa, ripeto non solo pacifisti, di informarli e chiedere di aderire. Si aderisce molto facilmente con un form sul sito: www.stoprearm.org

Ancora per qualche giorno, la raccolta di adesioni è aperta solo ai gruppi organizzati. Presto nel sito ci sarà un form a parte per le adesioni individuali – c’è molta richiesta, e ci scusiamo con i singoli che devono ancora aspettare – ma se aderite nel form per i gruppi ci costringete a un faticosissimo lavoro operativo. Abbiate per favore un po’ di pazienza. In Italia c’è ancora molto da fare, ma già sono arrivate moltissime adesioni, nazionali e locali.

Nei prossimi giorni e settimane, cominceremo a incontrarci sia a livello italiano che europeo, in sinergia ovviamente strettissima con la campagna italiana Ferma il Riarmo. L’obiettivo è ricostruire un tavolo di coordinamento europeo ampio, aperto, orizzontale, inclusivo, per contribuire a far rinascere un grande movimento europeo contro la guerra, come abbiamo avuto, in diverse occasioni, nei decenni passati

A dirlo sembra una operazione facile, ma non lo è: la grande crisi globale del 2008 ha rinchiuso la gran parte della società civile nei confini nazionali, ad occuparsi delle sofferenze e del disagio sociale delle nostre comunità, la dimensione europea dei movimenti è diventata più fragile, e la frammentazione tematica ha fatto il resto. La società civile europea ha avuto posizioni diverse su come reagire alla guerra in Ucraina, e anche la grande mobilitazione per Gaza non si è però realizzata attraverso un coordinamento unitario europeo. 

Ovviamente anche in questi anni c’è stato un gran lavoro di organizzazioni e reti dedicate ai temi della pace e del riarmo, grandi campagne europee e globali che sono state ricordate da altri interventi, grandi e importanti iniziative. Ma la dimensione popolare, diffusa, trasversale, attivista, internazionalista delle grandi fasi di movimento europeo si è smarrita. Ma oggi noi crediamo che non abbiamo alternative: bisogna rimettere insieme le forze e i saperi, e ripartire, fare tutto il possibile e anche di più, ricostruire un movimento forte e attivo contro la guerra europeo, perchè il futuro non diventi un incubo.

La storia va avanti per processi lunghi, spesso non percepiti dai più, e nel tempo i processi accumulano forze, e poi a un certo punto la storia strappa e fa grandi salti. Qualche volta sono salti in avanti, qualche volta sono salti nel buio.  Stamattina, leggendo la Risoluzione del Parlamento Europeo approvata ieri sull’attuazione della politica di sicurezza e difesa comune, credo che in molti abbiamo avuto la definitiva e drammatica sensazione che il salto nel buio è davvero una realtà. Tutto era già stato detto e scritto, ma leggerla nero su bianco, approvata, quella risoluzione fa davvero male: la Russia che ci vuole invadere tutti e distruggere tutti, l’Ucraina che può arrivare alla pace solo grazie alla completa vittoria militare, la Cina nemico globale da fermare, il diritto assoluto di Israele a difendersi, la Nato sempre e per sempre, l’Europa che si deve preparare alla guerra, i cittadini che devono essere preparati alla guerra, le scuole che devono svolgere programmi per avvicinare gli studenti alla difesa armata e all’esercito, i corsi militari e di addestramento per i giovani, l’Erasmus militare, le frontiere che devono dotarsi di barriere fisiche e cioè nuovi muri e ancora fondi ai regimi mediterranei e africani per fermare i migranti con la violenza e soldi a palate per le armi e ovviamente l’approvazione di ReArm Europe – 800 miliardi di euro sottratti alle spese sociali, le uniche fuori dalla nuova austerità.

Siamo davvero in pericolo. In Italia la notizia non è uscita ma l’Estonia, il paese della Kallas, Alta Rappresentante per gli affari esteri della UE, sta decidendo di abolire l’insegnamento del russo nelle scuole. In Estonia il 28% dei cittadini sono russofoni. La stessa decisione, presa in Ucraina nel 2019, ebbe un ruolo cruciale nell’aumento delle tensioni sfociate nella invasione russa. Gavrilo Princip, il giovane che con una pistola a Sarajevo fece detonare la Prima Guerra Mondiale, non era potente ma fece scoppiare la storia. Può succedere ancora.

Si sta alimentando un clima di isteria bellicista e guerrafondaia, un patriottismo europeo reazionario fondato sulla paura del nemico esterno. Nell’ottobre scorso l’ex premier finlandese Niniisto, su incarico della Von Der Leyen, ha presentato il report “Più sicuri insieme”, che ha fornito la base ideologico-programmatica alla la nuova Commissione Europea Il report è fondato sulla necessità di prepararsi ad affrontare le emergenze. Il report segnala prima i pericoli provenienti dai disastri climatici, poi quelli derivanti dalle possibili pandemie, e poi atterra sul punto vero: le imminenti nuove aggressioni armate della Russia.

Niinisto afferma che, mentre si organizza la difesa armata, sia essenziale convincere la cittadinanza a prepararsi alla guerra. Il video della commissaria Lahbib sul kit di emergenza non è ridicolo, è spaventoso.  Come le istruzioni a tutti i cittadini svedesi distribuiti dal governo su cosa tenere in casa in caso di guerra – peraltro richiamato con encomio dalla risoluzione approvata ieri.

Vogliono coinvolgere la società civile a fare questo lavoro – ci saranno fondi e bandi, per questo. E’ un modo per generare paura, preoccupazione e panico. Per instillare la cultura del nemico nella testa delle persone. Per convincerci che siamo in pericolo, e che dobbiamo essere pronti a difendere ad ogni costo ciò che abbiamo. 

Lo stesso metodo fu usato per fomentare l’odio etnico nelle guerre balcaniche e in Ruanda. E funzionò benissimo. Non c’è da scherzare, neppure un po’.

E’ paradossale: l’Europa è in piena sindrome da abbandono, dopo l’annuncio di Trump di volerci lasciare al nostro destino, e invece che finalmente impegnarsi a rompere la gabbia atlantica continua ad obbedire e a farsi comandare dal presidente degli Stati Uniti: lui ci ha intimato di riarmarci, e noi lo facciamo. Con la vittoria di Trump negli Stati Uniti ci ritroviamo, ancora una volta, con una Europa stretta fra due imperialismi reazionari, questa volta non ostili ma ideologicamente affini. E la reazione della leadership europea è di giocare sul loro stesso terreno, quello della forza del più forte, invece che sottrarsi e cambiare completamente gioco, innalzando la bandiera del multilateralismo, del primato del diritto internazionale, della risoluzione politica dei conflitti. Proprio oggi Netanyahu, inseguito da un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale, è arrivato in Europa, accolto da Orban.

Ci armiamo fino ai denti per difenderci da Putin, mentre già oggi i paesi europei spendono il 58% in più della Russia in armamenti. Ci armiamo fino ai denti per proteggere l’Unione e i suoi valori democratici, ma a riarmarsi saranno gli stati membri, inclusi quelli governati da governi reazionari, illiberali e putiniani. Non c’entra niente la difesa comune, che significherebbe al contrario razionalizzare e ridurre la spesa. 

Ma anche qui c’è un problema, una domanda che vi pongo: possiamo avere una difesa europea senza una costituzione europea che dia limiti e mandato all’uso della forza? Potremmo avere un esercito europeo nelle mani della destra estrema, in futuro. E’ una grande questione. E a chi spera in un respiro di sollievo per l’economia europea in crisi, grazie a una gigantesca riconversione in chiave bellica del sistema industriale europeo: è provato che a guadagnarci non saranno certo i lavoratori e le lavoratrici.

Chi in questi decenni ha continuato a lavorare sul livello europeo, le ha viste avanzare tanti anni fa, le vere nuvole nere, i veri pericoli. Dall’osservatorio europeo, sono anni che denunciamo il vero pericolo in Europa, che non è fuori dai nostri confini ma dentro di noi, dentro le nostre società. 

Lavorando con le società civili dell’est europeo, abbiamo visto arrivare nazionalismi e destre estreme come risposte alla disillusione rispetto alle grandi speranze sull’integrazione europea, che portava austerità e privatizzazioni. Nel sentimento crescente sull’Europa matrigna, nella sfiducia nella democrazia perchè la democrazia non garantiva una vita degna, la destra estrema sguazzava e trovava consensi.

E da molto prima che questo iniziasse ad avvenire anche in Europa occidentale, abbiamo provato a dire in tutte le salse che questo era il rischio: che l’UE potesse commettere suicidio. Il nemico dell’Europa sta nelle urne, sempre più vuote e sempre più nere, più che fuori dalle frontiere. Il pericolo si è concretizzato, la UE è si è spostata a destra, è condizionata dalle destre nazionali. A rischio è tutto lo stato di diritto. Non sarà il patriottismo militarizzato che ci salverà.

Noi crediamo che sia arrivato il momento anche per noi società civile di fare un salto di qualità adeguato alla situazione. Mettere i saperi che esistono a disposizione di tutti e di tutte, riaprire un gigantesco cantiere di formazione e azione europea e nazionale contro la guerra, per la democrazia, per i diritti. Al servizio soprattutto di una nuova generazione che deve prendere il suo posto per difendere il proprio futuro. Ci diranno che siamo anti-europeisti? 

I veri europeisti siamo noi, per la nostra Europa sono decenni che ci battiamo, spesso per salvarla da se stessa e dalle scelte sbagliate dei suoi governi e della sua leadership.  Siamo noi, che quest’anno celebreremo i 50 anni degli accordi di Helsinki, l’idea della sicurezza comune e della casa comune europea. E a Barcellona i 30 anni del processo Euromed, la visione di un Mediterraneo regione di sviluppo e democrazia condivisa.

Con Stop Rearm Europe, ci mettiamo a disposizione, insieme, per provarci ancora una volta. Facciamolo insieme.  [Raffella Bolini vicepresidente Arci nazionale]

1 thought on “Video/ Come mobilitarsi conro le politiche di riarmo/ L’intervento di Raffaella Bolini Stop Rearm Europe

  1. Io sono napoletano, italiano, europeo, russo, messicano, e poi africano, palestinese e americano. Insomma, in ogni luogo del mondo c’è un parte di me. Non avrò mai un arma, ne vivrò 72 ore in più se questi folli avranno co trascineranno nel baratro della guerra.

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