Morte nel Mediterraneo/ Migration Compact non è la soluzione

barconeMigration Compact: il piano italiano proposto all’Unione Europea per militarizzare la migrazione nei paesi africani. Alla tragedia di un anno fa, in cui più di 800 migranti perdevano la vita in mare, si aggiungono quelle di oggi: circa 400 persone, per lo più somale, sono annegate durante la traversata dall’Egitto all’Italia e altre sei sono state trovate morte in un gommone in avaria proveniente dalla Libia.

Eppure non bastano. Non scioccano, non indignano. In questo triste anniversario, anziché offrire vie d’accesso legali e sicure, unico mezzo per fermare le stragi e i trafficanti, l’ossessione dei governi europei ed italiano resta quella di fermare le persone che vogliono varcare le nostre frontiere.

Una ossessione che si basa essenzialmente su due assunti.  Il primo tutto politico e legato alla ricerca del consenso (o, meglio, all’ansia di perderlo): dimostrare che si fa sul serio nel voler fermare il flusso dei migranti, alimentando esplicitamente l’idea che l’invasione ci sia e che quindi siano necessarie misure di protezione. Il secondo, legato al primo, è l’idea che l’arrivo di poco più di un milione di persone in un anno per un continente (l’UE a 28) con più di 500 milioni di abitanti, rappresenti un numero troppo alto, un’invasione appunto.

A partire da queste due ‘verità’, la soluzione che emerge dal Consiglio degli Affari Esteri iniziato in Lussemburgo e dal Migration Compact proposto dal Governo Italiano è solo quella di  sigillare le frontiere, respingere, bloccare prima degli arrivi.

Con questo intento, Renzi invia una lettera a Tusk e alla Commissione dove si propone di assumere a modello il vergognoso accordo Ue-Turchia per il piano di gestione della migrazione: accordo con i paesi di origine e transito africani per bloccare i migranti. Il piano – denominato dal premier ‘Migration compact’-  sposa in pieno l’idea dell’accordo con Erdogan di delegare a terzi la responsabilità di gestione delle nostre frontiere, senza alcuna attenzione al rispetto dei diritti umani, facendo una pericolosa amalgama tra sicurezza e immigrazione, ed alimentando pericolose e opache collaborazioni con dittature.

Nel Migration Compact l’interesse è rivolto ai paesi Africani che verranno scelti sulla base del loro ruolo nelle rotte migratorie. L’UE proporrebbe di istituire un fondo europeo per gli investimenti nei paesi terzi, prevedendo una stretta collaborazione con le imprese italiane ed europee. Sul piano delle offerte c’è anche quello della collaborazione al rafforzamento della sicurezza delle frontiere africane.

Dal canto loro  gli Stati Africani si dovrebbero impegnare a controllare le proprie frontiere terresti e marittime, partecipando anche alle operazioni di salvataggio. Ritorna poi l’idea dei centri di selezione tra migranti e richiedenti asilo quando sono ancora lontani dalle coste italiane.

Asse portante del piano italiano anche la politica di rimpatri, con un coordinamento e finanziamento europeo.  Un capitolo a parte è dedicato alla Libia. A un Paese con campi di detenzione in cui si pratica la tortura, l’UE dovrebbe affidare lo screeening tra migranti economici e richiedenti asilo.

L’Arci, che opera un costante monitoraggio delle politiche di esternalizzazione italiane verso i paesi di origine e transito dei migranti, denuncia l’idea base del  Migration Compact e i rischi che comporta una militarizzazione della gestione della migrazione che moltiplicherà le violazioni dei diritti fondamentali, senza fermare le morti alle frontiere. L’Italia si allinea così ai governi che hanno scelto la chiusura e l’intolleranza,  con un cinico piano di esternalizzazione delle frontiere e di ricerca del consenso sulla pelle di migliaia di persone. [Arci Report]

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