I 40 anni della legge 194: una conquista di civiltà da salvaguardare

Dalla Polonia, dove in questi giorni migliaia di donne stanno manifestando nelle piazze, all’America di Trump la libertà di scelta sull’aborto è sotto attacco. E anche per questo è giusto oggi, a quarant’anni dall’approvazione della legge 194,  ricordare quella data. Anche per ribadire come in quella seconda metà degli anni 70 non ci furono solo terrorismo e violenze, ma anche conquiste di civiltà, frutto dell’iniziativa politica del movimento delle donne,  che seppe imporre nella società italiana questo  tema, insieme a tutti coloro che si battevano per la laicità dello Stato. Prima che venisse approvata questa legge, l’aborto era considerato un delitto contro la salute e  l’integrità della stirpe, punito severamente. Eppure centinaia di migliaia di donne, anche cattoliche,  lo praticavano clandestinamente, in condizioni sanitarie pessime, rischiando la vita, mentre molti medici si arricchivano. Abrogando il reato d’aborto, il fenomeno emerse dalla clandestinità e, anche se all’interno di rigide procedure e in nome della tutela della salute psicofisica della donna, anziché della sua libertà di autodeterminazione (come chiedeva il movimento femminista),   la legge   stabilì che comunque spettasse alla donna la decisione finale su questa scelta. All’art.9 la legge prevede la possibilità per il personale sanitario di dichiararsi obiettore di coscienza, e già 40 anni fa fu chiaro quanto sarebbe stato necessario vigilare perché l’obiezione non fosse usata come strumento per boicottarla. Nacquero così i Comitati per l’applicazione della 194, che videro il protagonismo di donne, associazioni, medici, operatori sanitari.

Nel 1981 la legge venne anche sottoposta a due referendum, di segno opposto, e ne uscì indenne. Stiamo parlando di un provvedimento che indubbiamente ha raggiunto con successo il suo obiettivo: in questi quarant’anni le interruzioni volontarie di gravidanza sono diminuite del 40%, sono praticamente scomparse le morti per aborto, il profilo sociale delle donne e delle coppie italiane è molto cambiato. Ma la sua applicazione sta diventando sempre più difficile, perché l’obiezione di coscienza, che sarebbe dovuta essere un fatto straordinario, è aumentata in maniera enorme, raggiungendo percentuali del 90% dei medici in alcune regioni. Tra il 2005 e il 2014 si è registrato un aumento dal 59% al 71% per i medici e quasi il 50% per gli anestesisti. Questo fa sì che i pochi medici non obiettori in alcune strutture siano costretti ad occuparsi per tutta la loro carriera professionale quasi esclusivamente di aborti, mentre le pratiche di IVG non sono contemplate dai programmi di specializzazione dei ginecologi. C’è allora da chiedersi come mai, mentre il numero di aborti è in costante calo, il personale medico accampi sempre più spesso problemi di coscienza. C’è chi ha parlato di una sorta di ‘agonia’ della legge 194. Siamo certamente di fronte a un arretramento della responsabilità pubblica nella tutela di un diritto, quello alla salute,  garantito dalla Costituzione.

Assistiamo  a una discussione pubblica (basti pensare a quella sulla legge sulla procreazione assistita) che sempre di più vuole imporre morali e modelli, riaffermare il controllo sul corpo femminile, restringere la libertà delle donne. Noi non ci stiamo e continueremo a batterci per la piena applicazione di una legge che resta ancora oggi una grande conquista di civiltà. [Francesca Chiavacci, Presidente nazionale Arci]

 

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